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Enti dannosi

Viene ritirato uno stanziamento di 200 mila Euro per la manutenzione del Torrente Locone dopo una querelle durata circa 7 anni in cui la Provincia di Bari prima e la BAT dopo hanno fatto di tutto per non farselo assegnare. Enti inutili o dannosi?

E’ possibile farsi revocare un finanziamento di quasi 200 mila Euro per incapacità o, peggio, cattiva volontà di eseguire i lavori per i quali sono stati stanziati?
Non solo è possibile, ma è accaduto. La storia di questa sorta di malaffare politico non è raccontata da un giornale scandalistico o di antipolitica, ma nel Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 9 del 18 gennaio 2012. Con la Delibera di Giunta n. 2971 del 29 dicembre 2011 si è provveduto di fatto a sancire l’azzeramento definitivo di uno stanziamento relativo ad un intervento di manutenzione del Torrente Locone e ciò perché gli enti interessati (le province di Bari e BAT) hanno dato vita ad una vicenda a metà tra la tela di Penelope ed una telenovela argentina. I fatti fanno riflettere, specie in tempi così burrascosi nei quali capita spesso di assistere a fenomeni agghiaccianti nei quali corsi d’acqua non curati puntualmente esondano dopo la prima pioggia anomala della stagione, provocando disastri.

La storia è iniziata più di dieci anni fa, precisamente alla vigilia dell’Immacolata del 2001, quando il Comitato Istituzionale dell’Autorità di Bacino del fiume Ofanto predispose una serie di interventi di difesa del suolo, individuando “la Provincia di Bari quale soggetto attuatore dell’intervento di manutenzione del torrente Locone” per un finanziamento di 191.605,51 Euro. Nonostante esso rientrasse tra quelli approvati con un Decreto del Presidente della Regione del 9 maggio dello stesso anno e si riferisse all’annualità 2003, l’attuazione venne assicurata in Giunta tre anni dopo, nel 2004.
Avuto il via libero definitivo, a distanza di pochi giorni l’Ufficio Difesa del Suolo dell’assessorato ai Lavori Pubblici trasmise alla Provincia di Bari il Disciplinare che avrebbe regolato i rapporti tra Regione ed ente attuatore sull’utilizzo dei fondi. In pratica una formalità. La Provincia di Bari avrebbe dovuto restituirlo firmato dal suo legale rappresentante, e avrebbe dovuto avviare la pratica nominando il responsabile del procedimento e la dichiarazione, da parte di quest’ultimo, che nel giro di otto mesi si sarebbe individuato sia il progettista che le imprese. Ovviamente la Regione precisa, come sempre in questi casi, che i finanziamenti sarebbero stati revocati nel caso in cui la Provincia di Bari non avesse ottemperato agli obblighi di sua competenza nei tempi previsti.




Accadde invece che la Provincia lasciò passare molto più tempo degli otto mesi previsti e in Regione non ci fecero molto caso per ben due anni. Se ne accorsero dopo tre, di anni, tanto che solo nel luglio del 2007 il Settore regionale Risorse naturali inviò una nota in Provincia chiedendo "informazioni sullo stato di attuazione dell’intervento" intimando una risposta nel termine perentorio – si fa per dire – di 20 giorni. La Provincia se la prese comoda e rispose puntualmente dopo due mesi. Il Responsabile Unico del Procedimento era stato nominato, ma era ancora inattivo, stavano aspettando che l’ARPA – l’agenzia che si occupa di monitorare lo stato di inquinamento dell’ambiente – determinasse la caratterizzazione dei fanghi del canale, al fine della loro destinazione finale. Dato, quest’ultimo, fondamentale per la predisposizione del progetto.
Nel testo riportato in delibera non esiste alcun riferimento protocollato che attesti un rapporto formale scritto tra Provincia di Bari e ARPA. Solo il 18 luglio del 2007 la Provincia chiese un preventivo di spesa - a circa tre anni, presumibilmente, dal primo contatto - causando un notevole ritardo nell’avvio della pratica.
La faccenda subisce una nuova battuta di arresto tra il 2007 e il 2010, quando si fa vivo l’Ufficio Difesa del Suolo. Era fermo al Disciplinare trasmesso sei anni prima e del quale era ancora in attesa della copia sottoscritta. Nel frattempo era intervenuta una novità non da poco. Nel 2009 c’erano state le amministrative e la Provincia di Bari aveva ceduto parte del suo territorio alla neonata BAT. La manutenzione del Torrente Locone sarebbe diventata, quindi, di pertinenza di quest’ultima. La cosa si complicò e quello che fino ad allora era stato un palleggiamento a tre (Regione, Provincia di Bari, ARPA) diventò una partita a quattro.
L’Ufficio Difesa del Suolo convocò una prima riunione il 15 marzo 2010, alla quale parteciparono il responsabile – si fa per dire – del procedimento ing. Luisi e la nuova provincia, la quale si mostrò disponibile ma non sappiamo quanto entusiasta, di subentrare. La Provincia di Bari fu evidentemente felicissima di cedere la pratica alla BAT. Si accordarono di rivedersi dopo 15 giorni per sottoscrivere il “verbale di trasferimento delle competenze”. Ma il 30 marzo le due province non si presentarono, lasciando la Regione sola soletta tra le secche di un procedimento che sembrava non avere nessuna voglia di partire.
Vuoto di memoria? Non è noto. Sta di fatto che alla Provincia di Bari fanno gli indiani e solo due mesi dopo, con una nota del 8 giugno 2010, comunicarono a BAT e Ufficio Difesa del Suolo che tutta la documentazione relativa agli interventi sul canale Ciappetta-Camaggi era disponibile presso i loro uffici. Dimenticavano quella del Locone e non ricordavano che l’avrebbero già dovuta consegnare il 30 marzo.
La Regione, armata di santa pazienza, invitò i due enti ad incontrarsi, prendere visione delle carte ovunque fossero depositate e a farsi rivedere il 01 luglio 2010. La Provincia di Bari fece sapere di non essere disponibile per quella data e la riunione fu aggiornata al 9. Il 9 luglio si presentò solo l’Assessore all’Ambiente della BAT, la riunione non ebbe validità. La Regione, in evidente stato di difficoltà, chiese l’intervento del Prefetto, il quale inviò una nota ai due enti invitandoli ad essere più collaborativi. Nel frattempo arrivò l’estate ed il tutto fu rimandato a settembre. La riunione fu riconvocata per il 23 con la Regione a fare la voce grossa e a minacciare la Provincia di Bari di addebiti di danni e spese se il finanziamento fosse stato revocato; inoltre, come si fa con gli scolari discoli, il Servizio Difesa del Suolo invitò alla prossima riunione, oltre il responsabile del procedimento, anche il Dirigente del Servizio.
L’incontro del 23 fu un’autentica commedia degli equivoci con coup de theatre finale. L’ing. Luisi si presentò solo e privo di documentazione, dichiarando che la stessa si trovava negli Uffici della Provincia; della delega del dirigente nemmeno l’ombra, secondo l’ing. Luisi non era necessaria. Si creò una situazione alquanto paradossale, con la Provincia BAT che rinunciava a diventare soggetto attuatore dell’intervento non per eccesso di prerogativa da parte dell’altra, semmai per manifesta mancanza di volontà. Un caso di lassismo contagioso.
Il 7 ottobre 2010 il mondo si capovolse. La Provincia di Bari chiese indicazioni su come far pervenire il fascicolo alla BAT, sarebbe bastato portarlo in una di quelle riunioni, ma loro pervicacemente si erano ben guardati dal farlo.
Intanto è passato un altro anno. Siamo in tempi recentissimi, al 2011. L’otto agosto, L’Ufficio Difesa del Suolo riscrive alla Provincia di Bari. Chiede che entro 60 giorni l’intervento si attui, minacciando un ricorso non più al Prefetto ma al Ministero dell’Ambiente.
La Provincia di Bari risponde il 13 settembre ribaltando le responsabilità. A suo dire le cause del mancato intervento sarebbero tutte da imputare alla Regione e all’ARPA: perché i fondi non erano stati ancora erogati; l’ARPA non aveva ancora provveduto alla caratterizzazione dei fanghi; ed in ultimo la Regione non era intervenuta sulle cause dell’interramento del torrente, nel frattempo era accaduto anche quello.
La Regione reagisce piccata dopo due giorni. Ribadisce che i fondi non sono stati mai erogati perché subordinati per tappe all’intervento, mai partito. Inoltre, caratterizzare i fanghi è compito del soggetto attuatore, non certo dell’Ufficio Difesa del Suolo e fa sapere, il 17 ottobre, che aveva già attivato le procedure tese “all’adozione dei provvedimenti consequenziali”. Probabilmente è già in piedi un ricorso al Ministero dell’Ambiente, ma qualche giorno prima, per l’esattezza il 14 ottobre 2011, il Presidente della Provincia di Bari si era premurato di far sapere che tutta quella manfrina non aveva avuto alcuna ragione di essere, in quanto la BAT era subentrata alla Provincia di Bari il primo luglio del 2009, e già a quella data aveva naturalmente ereditato anche la qualifica di soggetto attuatore per la manutenzione del Locone, non mancando di sottolineare l’assoluta irrilevanza del suo spettacolare rifiuto.
L’argomento del presidente della Provincia di Bari sembra essere vincente, tanto che l’Ufficio Difesa del Suolo abbozza ed inoltra la diffida a dar corso alla procedura d’attuazione entro e non oltre i fatidici 30 giorni anche alla Provincia BAT. Lo fa il 27 ottobre senza alcun esito, tanto da far scattare il cartellino giallo il 14 dicembre. Lo stesso giorno dalla BAT scrivono dichiarandosi disponibili a diventare attuatori, ma ad una serie di condizioni, non descritte nella delibera, che secondo il relatore “non sembrano poter essere apposte ove la qualifica di soggetto attuatore derivasse alla Provincia BAT ex-lege”. Come per dire che quanto concordato fino ad allora e oggetto del Disciplinare, veniva in qualche modo stravolto dalla Sesta Provincia, e questo non poteva essere tollerato, pertanto muoia Sansone con tutti i Filistei e addio al finanziamento. Quali fossero queste condizioni non è noto, ma di sicuro alimentano quella tattica dilatoria che prima ha ritardato di dieci anni i lavori, mandandoli definitivamente in soffitta nel dicembre 2011. Di sicuro qualcuno sta ancora brindando.

Questo quanto narrato. E’ obbligatoria qualche considerazione. Si è parlato spesso delle province come di enti inutili, intendendo con questo termine quegli uffici statali che giustificano la loro esistenza con l’unica funzione di erogare stipendi e prebende spesso immeritate. La vicenda raccontata mostra, però, una realtà più inquietante. Alle province è demandata una importante competenza: la difesa del territorio, e BAT e Bari hanno mostrato una certa riluttanza nel farlo. Perché? Solo cialtroneria o c’è dell’altro? Il Torrente Locone percorre un tratto adiacente a discariche di rifiuti industriali tuttora attive. E’ questo che ha spaventato oltremodo i funzionari della Provincia, al punto da dar vita ad una farsa invereconda?
Nel 2007, alla domanda posta dagli uffici regionali sullo stato dell’arte, la Provincia rispose che era in attesa di notizie dall’ARPA circa la classificazione dei fanghi da dragare, senza fornire un protocollo esatto della nota trasmessa, salvo poi richiedere un preventivo qualche giorno dopo. Argomento piuttosto inconsueto. Mi chiedo, infatti, se il parere dell’ARPA sia un atto di routine in questi casi o se sia stato suggerito dalla particolarità del luogo e dell’intervento che si stava programmando. E se valesse questa seconda ipotesi, per cosa sarebbe particolare il Torrente Locone? Uno stato di inquinamento di una certa gravità che sconsiglierebbe interventi di qualsiasi natura per evitare che diventi di dominio pubblico? La verità è per caso nota solamente e strettamente ad alcuni degli addetti ai lavori della Provincia?
Sempre nel 2004, il responsabile del procedimento, ing. Luisi, avrebbe dovuto, entro due mesi, affidare la progettazione ad un tecnico. Non è chiaro se questo passaggio sia mai stato esperito e se l’idea di interpellare l’ARPA rientrasse tra le competenze del progettista designato o di quelle del responsabile del procedimento. Di fatto anche questo filone della storia non ha alcun esito. La delibera non fornisce alcun chiarimento in merito, se l’ARPA abbia mai risposto a quella richiesta e se abbia fornito un preventivo, o se quest’ultimo facesse lievitare oltremodo i costi rendendolo non congruo con il finanziamento.
Domande che rimarranno senza risposta. La pratica è ormai chiusa e con i fondi revocati se ne vanno anche quegli approfondimenti che sarebbe stato interessante fare. Rimane un ultimo interrogativo. Se i lavori di manutenzione del Torrente Locone sono necessari, essi si debbono fare comunque, non può essere la riluttanza o l’incapacità di taluni funzionari a decretarne la fine, né la cosa può ritenersi conclusa con il ritiro dei fondi. E’ chiaro che qualcuno ha sbagliato e che in questa vicenda sono ravvisabili perfino gli estremi di un reato di omissioni di atti d’ufficio. Con la sanzione del mancato finanziamento non si può apporre la parola fine su una vicenda nella quale sono riscontrabilissime responsabilità non solo amministrative.

Sabino Saccinto

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Pubblicato il 29/08/2012 h 19:25:46
Modificato il 05/06/2013 h 23:09:00

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