Il Congresso - parte 3
Ultimo post sulle parole d’ordine del Congresso PD di Canosa: narrazione, purezza, verità, anomalie.
Narrazione È quella di Silvestri, che ai progetti politici ci tiene. In quest’arte è sempre più su di una spanna rispetto a chiunque, capacità compresa, tipica dei grandi narratori, di inventare o stravolgere i fatti rimanendo sempre il detentore della verità, anche se spesso poco coincidente con la realtà. Si è intestato dieci anni di amministrazione non di destra, riuscendo persino a far passare come quasi alleati i 5 stelle. Ha fatto credere di essere stato un mezzo salvatore della giunta La Salvia fornendo il suo appoggio quando serviva e pretendendo l’innesto di suo figlio Marco Augusto come prova d’amore. Ha tentato perfino un salto mortale senza rete quando ha spiegato che il dott. Antonio Imbrici – entrato nel nuovo direttivo e candidato sindaco nel 2017 in coalizione con le civiche di Silvestri – è stato una sua creatura politica che ha eseguito il suo dettato quando da consigliere formalmente di minoranza appoggiò buona parte delle delibere del sindaco Morra, anche se l’altra Morra – Letizia – ha denunciato boicottaggi e critiche atroci, mosse anche da persone a Silvestri non lontane. Tutti fatti all’occasione saggiamente distorti, per far passare un concetto semplice semplice: in città non c’è molto da scegliere e l’elezione di un sindaco non può non essere che un’opzione binaria, uno indicato da Silvestri o uno partorito dalla mente non sempre così fortunata di Ventola. Tertium non datur, come direbbero i latini, anche se nel 2017 fu proprio un terzo a vincere le elezioni con l’appoggio significativo, Silvestri dixit, delle sue liste civiche al ballottaggio. Infine ha dichiarato i motivi della sua adesione al PD: con le liste civiche non si va poi tanto lontano, qualificando il PD come nodo centrale della nuova alleanza, anche se le liste civiche rimarranno sempre nella cassaforte di famiglia e quella del PD più che una conquista sembra un’acquisizione.
Purezza Un tempo sarebbe passata per una qualità, segno di scarsa disposizione al compromesso. Oggi, invece, nel discorso della commissaria, appare come una tara genetica, uno stigma, un limite che impedisce di espandersi, di essere inclusivi, direi quasi accoglienti. Puro è sinonimo di perdente, e il PD non vuole essere un partito perdente, perché perdere ti condanna all’inferno dell’opposizione. Tanto meglio, allora, non farsi più tante domande, accogliere e salutare chiunque con deferenza perché non sai mai chi lo ha mandato ed evitare quella che qualcuno chiama l’analisi del sangue. Tutti abili e arruolati.
Verità L’ha evocata la commissaria per dire che la verità non può essere assurta a dato oggettivo, per cui nessuno può ritenersene in qualche modo il depositario. Le verità sono tante. Si potrebbe concludere che ognuno se ne fabbrichi una a suo uso e consumo. Tante verità, nessuna verità. In politica tale termine ricorre spesso. Si chiamava verità l’organo di stampa ufficiale del regime comunista in Unione Sovietica. Si chiama verità un giornale italiano che in pochi leggono, forse perché poco interessati a conoscerla. Si chiama verità perfino il social inventato da Donald Trump per diffondere la sua. La verità è un termine poco adatto alla politica ed in questo la commissaria ha ragione, declinabile com’è nei modi più impensabili. La politica le sue verità le afferma sulla base del consenso, perché non non puoi non sentirti dalla parte della verità quando tutti ti danno ragione.
Termine comunque fuorviante, perché ciò che muove veramente gli individui non è la sete di verità – sarebbe ridicolo pensarlo – quanto gli interessi principalmente e le proprie ragioni in subordine agli interessi. E in questo senso le ragioni del segretario provinciale Lorenzo Marchio Rossi sono abbastanza evidenti, quelle di Silvestri ben chiare, così come si stagliano dalle brume perfino quelle della commissaria. Doveva avere un ruolo solo tecnico, come quello di un ragioniere, invece si è mostrata la vera portatrice delle verità barlettane. Ha castigato i critici, ripristinato l’autorità, riportato l’ordine in una sezione terribilmente fuori linea, impartito lezioncine di galateo politico, affermata la ragion di partito che implica obbedienza, conformismo e soprattutto non dimenticare che i panni sporchi si lavano in famiglia. Sarà pur vero che un partito rimane per il diritto un soggetto privato, ma se concorre alla vita pubblica un minimo di trasparenza la dovrà pure avere. Non solo i dirigenti, ma anche simpatizzanti ed elettori devono sapere quello che vi accade dentro. Non ci si può stracciare le vesti invocando la democrazia all’esterno quando la si pratica in maniera così opaca all’interno.
Anomalie Non sono mancate. In primo luogo la compressione dei tempi che non ha permesso la discussione che, tra l’altro, non era nemmeno prevista. Il calendario dei lavori, dopo la presentazione delle mozioni, passava direttamente alla votazione e alla proclamazione subito dopo. L’ora di pranzo incalzava.
Quindi, assenza assoluta di uno spazio per interventi che non fossero quelli delle altre forze politiche o la relazione della commissaria o il saluto, per interposto consigliere, del presidente della Provincia.
Quando si è entrati nel vivo del Congresso, ovvero la presentazione delle mozioni, alcuni, che non erano dichiaratamente iscritti, non sono andati via, ma sono rimasti lì’ fino alla fine.
La proclamazione della Segretaria e del listone unico non è avvenuta per acclamazione, se vogliamo essere pignoli, ma per constatazione. Quella, appunto, che mancando una lista antagonista, non poteva non essere vincitrice l’unica presentata ai tavoli di presidenza. Può sembrare una questione di lana caprina, ma non lo è. Nel comunicato pubblico inviato ai media, si parlava di elezione all’unanimità, cosa ovviamente non vera, non essendoci stato un voto formale. Se lo avessero fatto probabilmente alcuni si sarebbero astenuti.
Sabino Saccinto Vers. pdf 
Pubblicato il 23/09/2025 h 11:45:48
Modificato il 24/09/2025 h 11:53:02
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