Home - pageS. Giorgio VillageContrada TufarelleLocaleNazionaleBlogContattaci

Giorgio Ambrosoli

Angelo Vassallo

Siti di interesse locale

Nino Imbrici blog

Agostino Di Ciaula blog - La voce degli invisibili

Leonardo Mangini blog

Comune di Canosa di Puglia

Canusium

Associazione sportiva Canusium

Campi diomedei

Presepe vivente

Canosa presepi

Canosa - sito in allestimento

Promozione del vino DOC

Giuseppe Cioce, consulente finanziario indipendente

Articoli per altri siti

Forum e nik name - 09.07.07

Pizzuto presidente del Consiglio comunale - 13.07.07

Registro tumori 1 - 29.11.07

Registro tumori 2 - 11.12.07

S. Giorgio Village - 04.01.08

Emergenza rifiuti in Campania - 06.01.08

Siti di interesse nazionale

Debiti di prossimità

Il D.L. 35 del 8 aprile 2013 dispone che gli enti locali trasmettano la loro situazione debitoria nei confronti delle imprese al governo centrale. Qualcuno lo fa e le cifre, rese note, spaventano la popolazione. Qualcun altro preferisce non chiedere nulla allo Stato, ma dichiara somme non proprio congruenti con quelle dei rendiconti. Il mistero buffo dei debiti della Pubblica Amministrazione.

A quanto ammontano i debiti della Pubblica Amministrazione? Secondo stime alquanto mutevoli in relazione al giorno e a chi le fa, le PA sono inadempienti verso i loro fornitori per complessivamente 60, 70 miliardi di euro, l’equivalente di un paio di manovre finanziarie di portata medio alta. Un’anomalia molto italiana che rischia di rassomigliare ad un metodo piuttosto furbetto per scaricare ancora sui cittadini quella parte di debito pubblico che non rientra tra le statistiche ufficiali. Se a queste – per onestà – si volesse aggiungere ciò che la Pubblica Amministrazione non paga ai suoi fornitori, con tutta probabilità il debito pubblico italiano sarebbe già oltre i livelli di guardia.
Quando si parla di debiti della Pubblica Amministrazione, si fa riferimento ad un universo piuttosto esteso, dove in mezzo vi sono Comuni, Province, ASL, Ministeri, Regioni, aziende municipalizzate o partecipate. Tutto ciò che in un modo o nell’altro grava sui bilanci della collettività. Un debito molto ben distribuito che spesso si nasconde o si occulta sotto voci misteriose. Questo blog si occupa spesso di problemi legati ai bilanci degli enti pubblici, e anche questa volta prendiamo in considerazione due casi esemplari per la loro diversità: quello di Andria e quello di Canosa.

Ripianare il debito è una voce ricorrente già da qualche governo a questa parte. Per alcuni commentatori politici si trattava di un modo per rilanciare un’economia boccheggiante già qualche anno fa. Ma chi ha tradotto in legge quest’ottima intenzione, è stato il Governo Letta con il decreto n. 35 del 8 aprile 2013, poi trasformato in legge il 6 giugno. Considerato che il decreto prevedeva il saldo di parte dei debiti della Pubblica Amministrazione, si è resa necessaria una ricognizione da parte degli enti locali, al fine di avere un dato preciso sul quantum. Ed è qui che sono emerse alcune sorprese e situazioni al limite del paradosso, per le quali è necessario fare qualche precisazione tecnica se si vogliono comprendere meglio i meccanismi che regolano la contabilità. Come già ribadito in altri post su questo blog, i Comuni riportano solo nel rendiconto finale quelli che a tutti gli effetti sono debiti. Si trovano nella voce residui passivi. Definiti così assumono un tono piuttosto vago e non particolarmente allarmante. Si tratta, in realtà, di somme che sono state impegnate durante l’esercizio, ma alle quali non è seguito un pagamento, a fronte – si presume - di una prestazione reale. Potrebbero permanere in questo stato ad libitum, anche se dopo un anno dovrebbero essere, per le regole di contabilità generale dello Stato, considerati perenti.
Essi possono afferire alla parte di bilancio che cura gli investimenti (conto capitale) o a quello delle spese ordinarie (conto corrente). Ma ciò che li rende particolarmente graditi a politicanti vari e a tecnici che tengono al loro premio di fine anno, è che in combinazione con i residui attivi (le somme accertate ma non riscosse) si prestano particolarmente bene ad aggiustare i bilanci, senza suscitare particolari allarmi o malumori nel popolo ignaro, perché se il termine debiti evoca pensieri foschi, residuo passivo (forse per il concetto di residualità che è consustanziale alla parola) fa molto meno effetto. Ma se poi si scopre, come è accaduto ad Andria, che quel termine significa debito, tutto cambia.
E’ accaduto questa estate, quando per ottemperare all’art. 6 comma 9 del Decreto Legge n. 35 del 08 aprile 2013, il Comune di Andria ha compilato la sua lista e l’ha pure pubblicata sul sito ufficiale nella sezione Trasparenza. Si è scatenata una bagarre prevedibile, ma al tempo stesso incomprensibile per gli addetti ai lavori. Chiunque abbia un minimo di conoscenza dei bilanci comunali, sa che le Pubbliche Amministrazioni sono inguaiate, e quel chiunque di solito conosce anche bene l’ammontare dei residui. Ergo, la diffusione di quella notizia non avrebbe dovuto produrre scandalo più di tanto. Invece è accaduto l’esatto contrario, evidenziando quella sospetta scarsa propensione a comprendere per bene la materia da parte di taluni amministratori.



Gli esposti di consiglieri di opposizione e di partiti iniziano a farsi sentire nel luglio scorso, dopo che i primi scricchiolii si erano già avvertiti il 25 giugno, con scuole paritarie e cooperative sociali a reclamare i mancati pagamenti del 2012. Giorgino se la cava con un paio di promesse, e con la giustificazione del mancato trasferimento della quota IMU da parte dello Stato. Il fatto ha uno strascico anche il 4 luglio, quando a protestare sono i partiti di opposizione. Il fenomeno è generalizzato. Non sono solo cooperative o scuole a lamentare ritardi nei pagamenti, ma anche semplici fornitori o piccoli prestatori di servizi costretti ad attendere anche 18 mesi per vedersi riconosciuto il dovuto. E il 5 luglio la situazione è talmente palese che perfino un esponente di maggioranza, l’avv. Lorusso del PDL, bacchetta la gestione non proprio oculata delle casse comunali, suggerendo una piccola cura da cavallo con contrazione della spesa pubblica e azzeramento di grandi eventi. L’otto luglio si fa sentire SEL che conclude un suo preoccupatissimo comunicato sulla situazione debitoria con un “siamo entrati in un vicolo cieco e se non apportiamo le dovute correzioni di rotta, difficilmente ne usciremo indenni” . Ma il commissario del PDL andriese Balducci viene preso di mira anche dalla lista civica L’Alternativa che lo accusa di aver negato l’evidenza, rivelando un particolare, ovvero che il comune di Andria, per una questione di debiti maturati fino a tutto il 2012, ha chiesto allo Stato di avere un prestito di circa 24.000.000 di euro, ottenendone per motivi di ristrettezze economiche generali solo poco più di 15.000.000, da restituirsi a rate fino al 2042, ponendo il quesito finale: quando verranno soddisfatti quei debiti, certificati dal comune di Andria ma non coperti dal prestito ottenuto ( in sostanza quei debiti che residuano dai 15.000.000 ottenuti fino ai 24.000.000 milioni richiesti)? Il 18 luglio l’argomento viene ripreso da un consigliere di Andria 3 (altra lista civica); per giungere in consiglio comunale poco prima delle vacanze, il 29 luglio.

In effetti la lista civica “L’Alternativa” ha ragione, ci sono documenti che lo attestano, ad esempio la ricognizione del Comune di Andria su tutti i suoi debiti, senza distinzione tra quelli in conto corrente e gli altri in conto capitale. La somma viene dettagliata in un file governativo dal quale si evince che il Comune di Andria il 26 aprile ha presentato domanda per un trasferimento straordinario di 23.868.486,34 €, rideterminato in 24.532.653,24 € dopo un’istruttoria integrativa, per ritrovarsi ammessi finanziamenti per 15.333.148,16 €. E le altre città della BAT, se non la provincia stessa, cos’hanno chiesto? E’ presto detto. A parte Margherita di Savoia (5.743.779,54 € riconosciuti, su una richiesta di 9.189.903,48 €) e Trinitapoli (981.629,74 € riconosciuti, su 1.570.583,01 € rideterminati). Non sono arrivate richieste da Barletta, né da Bisceglie o da Trani. Ma realmente la situazione dei Comuni è così florida da consentirgli di non richiedere aiuti per risanare vecchi debiti e ridare un po’ di fiato all’economia? Prendiamo da esempio quella di Canosa. Il Comune di Canosa ha pubblicato in internet un file di scarse tre paginette, dal quale si evince che l’ammontare complessivo del debito dichiarato è di 797.024,84 €, tra l’altro tutti in conto capitale. Ma sarà vero? A chi segue puntualmente le sue vicende, specie quelle contabili, il dato appare paradossale, in quanto negli ultimi rendiconti l’importo dei residui passivi in conto corrente per prestazioni di servizio superava abbondantemente la somma dichiarata ad aprile di quest’anno. E poi, come mai i debiti sono tutti in conto capitale senza nemmeno una fattura in conto corrente? E’ strano, non trovate?
Da una ricognizione effettuata sui dati riportati nel bilancio consuntivo, i numeri cambiano sensibilmente, raggiungendo cifre stratosferiche in rapporto a quanto dichiarato dall’Ufficio Ragioneria. La somma dei residui totali per prestazioni di servizio (questo l’intervento su cui si presume siano stati caricati gli importi per attività svolte da terzi per conto dell’Ente) a meno di clamorosi errori di imputazione, al 31 dicembre 2012 era pari a 5.902.983,85 €, ben lontana dagli scarsi 800 mila € dichiarati nell’elenco creditori. Come già rilevato in passato, i servizi che assorbono il grosso dei residui sono la segreteria generale (973.607,77 €), l’assistenza sociale (3.219.479,94 €), il servizio di smaltimento rifiuti (424.968,70 €), servizi per la tutela ambientale e del verde (371.391,20 €), il trasporto nelle funzioni di istruzione pubblica (181.389,63 € per autobus di scolari e studenti), polizia municipale (177.001,62 €). Dal che sorge spontaneo chiedersi: se i residui passivi corrispondono a mancati pagamenti che si protraggono, in alcuni casi, per molti anni, e come tali vengono riportati in bilancio, sarebbe stato logico attendersi che tutti quelli dichiarati, o comunque una parte congrua di essi, finisse per alimentare il file dei creditori; perché se residuo passivo vuol dire debito, allora debito chiama credito. Se questa equivalenza salta, la situazione si complica non poco e viene spontaneo credere che qualcuno abbia provato ad occultare qualche conto poco attraente. Ma se fosse così, perché mai un’amministrazione di sinistra che notoriamente non sta in buoni rapporti con il precedente sindaco, si assume questo rischio o accetta di fare un piacere a chi negli anni scorsi ha accumulato uno stock niente affatto indifferente di debiti? La seconda ipotesi potrebbe anche essere peggiore della prima ed in qualche modo ne ho già accennato nel post “Gli strani conti dell’Ufficio di Piano”, in cui si adombrava il sospetto che in realtà quelli dichiarati come residui passivi per prestazioni di servizio, fossero solamente movimenti cartacei atti a giustificare impegni per corrispondenti partite in ingresso, in quel caso finanziate da un ente terzo, la Regione. Il delta tra il mancato pagamento e l’avvenuta riscossione costituirebbe di fatto uno storno di fondi, giunti per servire una certa causa e finiti per finanziare altre ben diverse. In questo caso sarebbe spiegabilissimo come mai non li ritroviamo tra quelli dovuti ai creditori; per la banalissima ragione che i creditori non esistono, o se esistono sono finti. Con ciò il problema politico non si estingue, ma si pone più prepotente che mai. Perché l’amministrazione La Salvia non ha alzato nemmeno un sopracciglio di fronte a questa abnorme anomalia, avallando quell’atto che rappresenta una copertura politica rispetto ad una situazione quantomeno bizzarra per la quale le responsabilità degli attuali amministratori sono pressoché nulle? Attendiamo risposte.

Sabino Saccinto

Vers. pdf
Pubblicato il 05/11/2013 h 19:09:34
Modificato il 05/11/2013 h 22:43:06

Condividi su Facebook

Riproduzione riservata

Registrati ed avrai la possibilità di commentare i post e di ricevere per e-mail un avviso di aggiornamento del sito.

Dueparole.eu é anche su Facebook