Si celebra il congresso del PD a Canosa e sancisce la scomparsa, o quasi, dell’intero gruppo ex-DS e il trionfo della componente popolare ed ex-socialista, con una vittoria macchiata da alcune circostanze poco comprensibili.
Sabato 26 ottobre u.s. si è tenuto il II Congresso cittadino del PD a Canosa, e Giovanni Suriano, membro del coordinamento uscente nonché riconferma di quello entrante, così ha commentato su Facebook gli esiti dell’assemblea: “A volte la buona politica esiste. Ieri si è svolto a Canosa il Congresso cittadino del Partito Democratico. Un augurio di cuore al nuovo Segretario Tonino Metta e al nuovo gruppo dirigente. Un partecipato dibattito sui temi nazionali e locali ha messo in evidenza il desiderio di cambiamento. Tante facce nuove e molte idee buone per la città. Finalmente un partito aperto, che sappia ascoltare i concittadini e proporre soluzioni concrete e fattibili. Legalità, trasparenza, partecipazione diffusa e rapporto stretto con il territorio saranno i punti cardine per mettere in campo iniziative su tutti i fronti. È stato ribadito il sostegno all’ Amministrazione La Salvia con l’auspicio che la Giunta e il Consiglio Comunale siano tempestivi su criticità quali tutela dell’ambiente, rifiuti e igiene pubblica, disagio sociale e povertà, giovani e anziani, rilancio economia e attività produttive e commerciali.” Ognuno, ovviamente, commenta gli eventi come meglio crede e chissà se tra quelle molte idee buone per la città vi erano anche quelle contenute nella relazione congressuale del segretario uscente. Di certo essere così tranchant nei giudizi, separando in maniera così netta la vecchia gestione del PD, che pure qualche merito l’ha avuto insieme agli inevitabili errori, da una nuova appena nata di cui non si può logicamente ancora vedere nulla, riponendo in quest’ultima tutto quanto di positivo possa esistere e relegando la precedente alla damnatio memoriae, è un tantino ingenuo e forse anche ingeneroso. La vecchia segreteria ha avuto meriti fin quando ha retto l’opposizione ed ha creato, dopo, una coalizione vincente alle amministrative del 2012, nonostante a molti desse l’impressione di una armata Brancaleone. Ha mobilitato militanti ed elettori, ha creato entusiasmo intorno ad un candidato sindaco che si è rivelato poi vincente. Ha sbagliato quando a vittoria avvenuta si è chiusa in se stessa, ha tagliato i ponti verso la sua base, è diventata autoreferenziale. Cionondimeno occorre saper distinguere gli errori dei singoli da quelli di un intero gruppo dirigente, ritrovatosi molto meno compatto quando è avvenuto quel cambiamento di ruolo che in sé avrebbe richiesto una maggiore partecipazione dei partiti. E’ accaduto invece che la discussione è rimasta soffocata, per poi tornare prepotentemente alla ribalta a frittata fatta, quando all’interno della giunta si sono avvertiti forti scricchiolii e i temi all’ordine del giorno non erano quelli della città, ma altri e di ben diversa natura. Temi, questi ultimi, per i quali il nuovo gruppo dirigente, rappresentato anche allora, ha dimostrato una naturale consuetudine. Chi oggi auspica una sorta di palingenesi del PD a Canosa, facendo leva sugli esiti dell’ultimo congresso, ha la memoria corta oppure è in malafede, perché quella classe dirigente non è stata completamente rinnovata né tantomeno riformata, come invece si vuol dare ad intendere. Il nuovo segretario politico era tesoriere, o segretario amministrativo che dir si voglia, nella vecchia segreteria. Un numero discreto di membri del nuovo coordinamento ricoprivano lo stesso incarico nel vecchio, e tra questi anche il Suriano, condividendo nel bene o nel male le scelte della vecchia gestione. E’ cambiato l’assetto globale interno al partito. Non ci sono più i vecchi DS, se non rappresentati in minuscola parte o da alcuni consiglieri comunali che, ricordiamolo, non hanno diritto di voto; sono comparsi nuovi membri che fanno riferimento alle liste Renzi, persone che hanno militato prima in altri partiti o che sono diventati democratici per la prima volta ora. E’ un mistero buffo quello che ha portato alla formazione di questo nuovo direttivo. Alla fine si è arrivati di fatto ad una candidatura unica, ma attraverso un percorso poco comprensibile, anomalo per certi versi. Convergere verso un’unica figura non è un’eccezione, non è nemmeno una regola, ma spesso una consuetudine preceduta da un accordo piuttosto largo tra le parti. Si accetta quel candidato a patto che la rinuncia degli altri sia in qualche modo remunerata da un’adeguata rappresentanza negli organi collegiali. In questo caso è avvenuto una sorta di suicidio assistito di una componente importante del partito. Gli ex-DS non hanno presentato alcuna candidatura, di conseguenza hanno rinunciato ad una loro lista per il coordinamento. Gli ex-popolari, uniti alla componente socialista del PD, hanno preparato la loro lista in gran segreto, rendendola nota giusto allo scadere del termine ultimo. Risultato strano, condito da accuse anche gravi come quella di una battaglia profilatasi lungo l’asse delle tessere o di un gesto riparatore arrivato troppo tardi per essere accettato, quando ormai era chiaro che la frittata era fatta. E da qui la parte più incomprensibile del congresso, fatti e storie che riportano ad altre epoche e ad altri partiti, all’odore di Prima Repubblica.