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I biperdenti – parte 2

Disastri PD. Come si possono perdere le elezioni convinti di averle già vinte. Una batosta per il PD a Canosa, ai minimi storici, in preda a faide interne e con un futuro tutto da definire.

Se il primo turno ha sancito definitivamente la sconfitta dei candidati sindaci non giunti al ballottaggio, il secondo ha inguaiato terribilmente anche i partiti, e tra questi uno in particolare: il PD. E ciò per due motivi, che fanno di esso non un perdente, bensì un bi-perdente: il non esser riuscito, dopo il ballottaggio, a far eleggere nessun candidato della sua lista e l’essersi visto sfilare anche il candidato sindaco sul quale una parte del PD (è un fatto innegabile) aveva puntato e sperato che vincesse: Sabino Silvestri. Lo si capisce dai commenti affidati ai social network di chi in questo mese è stato un po’ il teorico della coalizione a trazione centrista di cui i dem sono stati capofila.
Terminare una competizione così importante a 853 voti non è tecnicamente un disastro, ma ci siamo molto vicini, visto che il competitor di coalizione “Io Canosa” di voti ne ha presi 1002. A parte la scarsa compatibilità politica fra le due liste e l’inedito di una coalizione siffatta, proposta e aborrita cinque anni fa, ci sarebbe stata un’altra ragione che avrebbe dovuto scoraggiare il segretario di circolo D’Ariano dall’inerpicarsi lungo una simile strada: il precedente del 2012 in cui “Io Canosa” prese 1175 voti contro i 1129 del PD. Sarà pure una differenza minima, ma per un partito con vocazione maggioritaria non è una grande idea allearsi con chi è più forte elettoralmente.
La lista civica “Io Canosa” fa riferimento ai Silvestri. Ha un elettorato abbastanza fedele a meno di qualche fisiologica defezione, ma sostanzialmente è stabile. Il PD, invece, è in trend negativo, e per una serie di vicissitudini. Nel 2013 ci fu un congresso che sancì una forte spaccatura, con una parte consistente degli ex DS che si ritrovarono fuori dagli organi direttivi del partito. Nel 2014 la segreteria Metta si dimise. Da quella data, fino al commissariamento, son passati almeno un paio d’anni in cui il partito è rimasto sospeso. Non commissariato, ma sospeso, e ciò anche per responsabilità dei vertici provinciali e regionali, presi da tutt’altre faccende. Del resto andava bene così. Il PD aveva una robusta rappresentanza consiliare e tanto bastava, non era necessario consultare polverosi organi di partito. La politica 2.0 di stampo renziano, considera le assemblee di partito poco meno di un orpello inutile, se non dannoso, un retaggio del passato. Tutto deve essere smart, veloce, immediato, e cosa ci può essere di più smart di un gruppo dirigente estremamente compatto? Ma questo non è il solo motivo per cui la vita di partito è stata di fatto annullata. Sia in provincia che in regione, Canosa è sempre stata considerata una partita persa per i dirigenti PD. Lo ha lasciato intendere benissimo il segretario Lacarra, portato quasi di peso in sezione mentre infuriava la battaglia interna per decidere il candidato sindaco. Si lasciò sfuggire una frase che, tutto sommato, turbò alquanto i militanti: “considerate che dopo tutto, questa è la città di Francesco Ventola, un consigliere regionale”. Come dire, ormai i giochi son fatti, cos’altro avete da pretendere? Ed in effetti, la Canosa del La Salvia ha sempre rappresentato un problema per i vertici regionali, con tutte quelle pretese sulle discariche che non vogliono o sugli inceneritori deprecatissimi; con quella raccolta differenziata che arriva al 70% nei periodi buoni e con le riprofilature della discarica della Bleu fatte di bella posta per accogliere rifiuti solidi urbani e per togliere qualche castagna dal fuoco alla Regione Puglia, mai stata molto avvezza a risolvere in maniera sistemica le questioni legate al ciclo dello smaltimento dei rifiuti. Meglio un’amministrazione di destra, che in questo senso non ha pretese e con la quale si può ragionare.

Nel 2016 si tiene il congresso, quello di D’Ariano segretario, in cui sembra essere stata ritrovata, se non l’unità, almeno una sorta di pace interna. Durata non molto, per la verità. I contrasti tra il gruppo consiliare e gli organi di partito nati dal congresso del 2013 e di fatto in buona parte confermati tre anni dopo, non si sono mai spenti. In maniera carsica c’è sempre stato, da parte di questi ultimi, una sorta di disconoscimento del gruppo consiliare, a volte appena appena tollerato, e, da parte dei primi, una non grande considerazione di chi rappresenta il partito localmente. La situazione è deflagrata quando si è trattato di decidere il percorso da seguire per indicare il candidato sindaco. Da una parte i consiglieri ed una fetta minoritaria del partito che ritenevano logico riproporre La Salvia, visto che in quanto sindaco era stato abbondantemente sostenuto dal PD (la nuova dirigenza, per quanto ostile, non aveva mai mostrato un’intenzione deliberata di sfiduciarlo); dall’altra il segretario e quasi tutto il direttivo che non ritenevano così automatica la ricandidatura. Se proprio il La Salvia lo voleva, doveva passare per le forche caudine delle Primarie. Idea vista dal sindaco come il fumo negli occhi. Perché mai avrebbe dovuto accettare nel 2017 quello che nel 2012 era stato preso in considerazione, ma poi rimosso?
A questo punto è doveroso fare una premessa. Il PD a Canosa non ha mai sfondato e la crisi della sinistra qui è stata avvertita più che altrove. Il tutto si può dire sia cominciato nel 2002. Le vicende di questi giorni, tra l’altro, hanno qualche somiglianza con i fatti di quindici anni fa, se si fa eccezione del colpo di scena finale con cui Ernesto La Salvia ha lasciato il campo per forza di causa maggiore. Allora accadde che una sinistra sfilacciata e lacerata compisse il gesto suicida di dividersi e presentarsi con due candidati sindaci laddove uno solo avrebbe avuto già ottime difficoltà ad arrivare al ballottaggio. Vinse Francesco Ventola contro Luigi Santangelo, si disse aiutato proprio dal Centrosinistra.
Da allora il personale politico non è cambiato granché, anzi. A distanza di quindici anni son ritornati tutti o quasi, ad iniziare proprio dal dott. Imbrici, candidato sindaco oggi trombato, che in quegli anni fondò i Progressisti, altra parola d’ordine che a Canosa ha sempre portato parecchia sfiga. Da allora la sinistra non si è più ripresa e la costituzione del PD, anziché rappresentare un polo di aggregazione, si è ritrovata a subire quel fenomeno che in fisica è noto come difetto di massa.
In questo contesto, l’elezione del sindaco La Salvia, cinque anni fa, è stato un autentico miracolo, una sorta di discontinuità nella trama spazio tempo indotta chissà da quale misteriosa onda gravitazionale. Nel frattempo è cambiata anche la natura del PD. Da comunità di pochi individui maledetti, cresciuti negli anni dell’opposizione all’ombra di un sindaco onnipotente, avvezzi alla critica anche feroce verso gli avversari, è diventato il salotto dei poteri forti, di quelli che erano convinti di essere in maggioranza perché il nuovo Partito Democratico a trazione renziana rappresentava da solo garanzia di successo. Modificazione genetica? In parte. In realtà intorno al simbolo del nuovo PD, depurato della sinistra più critica, si è ritrovato un po’ tutto il piccolo mondo antico della sinistra che fu, ora tifosa di Renzi, con qualche innesto centrista.
Alle riunioni a cui ho partecipato, a volte son rimasto francamente esterrefatto ascoltando taluni. Erano intimamente convinti che, passata l’Amministrazione La Salvia, c’era da attrezzarsi perché la Storia non poteva che essere dalla loro parte, il destino non poteva che premiarli. Non ho mai visto tanta sicumera in un gruppo dirigente, tanta lontananza dalla realtà, tutta quella autoreferenzialità.

La prima avvisaglia che qualcosa non stesse affatto andando per il verso giusto, si è avuta con la sconfitta al referendum confermativo del 4 dicembre scorso, primo esempio di come all’interno di un partito che si dichiara democratico, possano innestarsi metodi e comportamenti che di democratico hanno ben poco. E quello fu il primo errore, a mio parere, della segreteria D’Ariano, indice di una certa coazione a ripetersi. Un segretario di un partito che non vuole rassomigliare ad una caserma, non può votarsi integralmente ad una sola opzione, sapendo che nel PD vi erano anche sensibilità diverse in tal senso. Avrebbe potuto, intelligentemente, tenersi un tantino equidistante. Invece no. Seguendo le indicazioni di un comitato, quello del Sì, che in nuce rappresentava già la cabina di regia di quanto sarebbe accaduto dopo, il D’Ariano si è votato anima e corpo a quella causa, salvo uscirne con le ossa rotte ad urne chiuse e risultati noti.
E’ chiaro che se il massimo dirigente cittadino di un partito prende una topica così marchiana, non può rimanere al suo posto a gestire partite più importanti. Invece non solo gli si è consentito di restarci, in quel posto, ma gli si è permesso di proseguire lungo lo stesso fallimentare asse, quello di una linea filo centrista non affatto nella tradizione canosina del PD, che ha procurato solo disastri, salvo poi giustificare il suo operato scaricando tutte le colpe sulla precedente amministrazione. In realtà, la segreteria ha sempre dato l’impressione di essere in qualche modo eterodiretta. Per capirlo sarebbe bastato seguire i comizi di Silvestri l’altro (Andrea). In un passaggio molto interessante, lui ha sostenuto che la lista “Io Canosa” non è mai stata organica all’Amministrazione La Salvia. E questo potrebbe essere formalmente vero, visto che dichiarazioni ufficiali in tal senso non vi sono state. Nei fatti c’è però la nomina ad assessore del figlio, Marco Augusto, che rientrava, a suo dire, in una dinamica interna al PD, anche se La Salvia è sempre stato convinto che suggellasse, se non un patto, almeno un mezzo accordo politico. L’atteggiamento morbido di “Io Canosa” verso l’amministrazione, Silvestri l’ha giustificata come normale dialettica tra forze politiche non alleate ma nemmeno pregiudizialmente ostili, tanto da poter sostenere che non vi sarebbe alcuna continuità tra la coalizione costituenda (PD, Io Canosa, Sinistra per Canosa, La Puglia in più, Nuovo PSI, UDC) e quella del 2012 (PD, IDV, PSI, Verdi, Federazione della Sinistra, Ernesto La Salvia sindaco). Conclusione paradossale, se vogliamo, che entra in contraddizione con quanto sostiene la segreteria del PD quando tenta di giustificare la sconfitta.
Secondo acuti osservatori, quanto accaduto sarebbe perfettamente e diabolicamente pianificato. Esisterebbe una sorta di strategia che si nutre di sconfitte attuali per puntare al bersaglio grosso domani. La materia del contendere sarebbe la conquista dell’egemonia locale nel partito, proporsi come referente verso gli organi provinciali o regionali. In questo senso, perdere Canosa o conquistarla non ha alcun significato se non si possiede la visione di insieme. Una di queste finissime menti fu intervistata da Stranieri in un programma di Telesveva: Spazio Città. Gli chiese, il giornalista, se si sentiva il Richelieu della situazione. Negò risolutamente. La peggiore beffa che il diavolo può giocarti, è farti credere che non esiste.


Sabino Saccinto

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Pubblicato il 24/06/2017 h 13:24:02
Modificato il 06/07/2017 h 15:30:08

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