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La riscossa dell’Ente Inutile

Un ente inutile, se non dannoso, per eccellenza, l’ATO Bari 1, indice una gara d’appalto per la raccolta dei rifiuti solidi urbani nell’ARO Canosa di P. – Andria, tra stranezze e incongruenze.

Si chiama ARO l’ultima diavoleria che si sono inventati per occuparsi di gestione dei rifiuti, Ambito Ristretto Ottimale anziché Ambito Territoriale Ottimale. Dueparole.eu non è stato mai tenero con gli ATO, autentico ente inutile, incapace di assolvere all’unica funzione per la quale è nato: il ciclo dei rifiuti, o meglio lo smaltimento, la raccolta è lasciata ai Comuni, anche se buona parte delle politiche e delle competenze sono ad esclusivo appannaggio degli ATO, che, stando ad alcune voci, avrebbero ancora vita breve.
In queste ultime settimane, Stato e Regione Puglia ne hanno di fatto sancito la scomparsa - in un caso - il ridimensionamento nell’altro, e l’assessore Nicastro ha allo studio un progetto di legge per istituire un’agenzia regionale dei rifiuti. Ma le ATO sono figure piuttosto tetragone, tanto che una di esse, distintosi per la totale inefficienza, ha indetto una gara piuttosto innovativa per il rinnovo dell’appalto sulla raccolta dei rifiuti nei Comuni di Canosa di P. e Andria, con una particolarità non da poco: non saranno più due gestori differenti a doversi occupare delle rispettive città, ma un solo soggetto responsabile per entrambe. Da questo connubio è nato il cosiddetto Ambito Ristretto Ottimale, ARO appunto. Chiaramente un’evoluzione, o un’involuzione, se si considera che uno dei parametri di calcolo dell’ecotassa regionale sui rifiuti, tiene conto dell’eventuale costituzione in consorzio o, nel caso, di un soggetto unico addetto alla raccolta che copra l’intera ATO. Il fatto che il concorso venga fatto per ARO espone, in assenza di variazioni normative, al rischio di una ecotassa invariata, quindi nessun vantaggio economico almeno sotto questo punto di vista. Problema serio ma forse trascurabile rispetto al fatto che la gara è comunque bloccata e che i vecchi gestori operano ormai in regime di proroga. Al 12 agosto i concorrenti avrebbero dovuto presentare le offerte. Non sappiamo se lo hanno fatto. Di sicuro al momento è tutto fermo per il ricorso di una società, a Canosa purtroppo già nota per altre vicende: la TRADECO.
Ma sarà veramente in grado l’ARO neo-costituito di raggiungere nel giro strettissimo di un anno quegli obiettivi che languono da lustri e sembrano diventati la maggiore preoccupazione dell’Assessore regionale alla Qualità dell’Ambiente, dott. Nicastro?
Le linee guida prestazionali allegate ai documenti sembrano un libro dei sogni, specie nel capitolo “Obiettivi e organizzazione servizi”. Si legge, infatti, nel primo periodo: “Per migliorare l’efficienza del servizio, la raccolta dei rifiuti urbani dovrà assumere una configurazione unitaria ed integrata, nella quale le raccolte differenziate non sono aggiuntive rispetto alla raccolta “ordinaria” ma costituiscono l’elemento centrale del sistema.” Notevole, al punto da apparire francamente molto ottimistica subito dopo: “Le scelte organizzative descritte nel presente Documento hanno come priorità il raggiungimento di una raccolta differenziata media annua così prevista: ANNO 2013 e seguenti RD minima del servizio 65% di raccolta differenziata”. Nel capitolato speciale si rasenta il fantascientifico con un incentivo dello 0,3% del canone per ogni punto percentuale di differenziata oltre la già molto ambiziosa soglia.


I dati storici sulla differenziata non sono molto incoraggianti. Si parte da un 2010 non assolutamente brillante con cifre a consuntivo molto al di sotto perfino degli obiettivi minimi previsti dalla Regione Puglia: 14,66% Andria e 12,79% Canosa di Puglia. Come sarà possibile far impennare la raccolta basandosi semplicemente sulla buona volontà dell’appaltatore senza alcun altro sforzo da parte degli enti? Non è chiaro. Potrebbero funzionare da deterrente le eventuali penalità a cui l’appaltatore sarà sottoposto, il Capitolato speciale d’appalto prevede infatti: “Per il mancato raggiungimento dell’obiettivo di raccolta differenziata, di cui al precedente art. 7, l’Amministrazione detrarrà, con riferimento ai dati di ogni singolo comune, a titolo risarcitorio e previa comunicazione scritta, oltre la maggiore tassazione per il tributo di conferimento in discarica (ecotassa) previsto dalla normativa vigente limitatamente alla quota eccedente il 35%, comprese eventuali sanzioni comminate a causa del mancato raggiungimento degli obiettivi di legge, € 25.000,00 per il Comune di Andria e € 8.500,00 per il Comune di Canosa per ogni punto percentuale in meno rispetto agli obiettivi di cui all’art. 7.” Un fatto alquanto curioso, se vogliamo, perché produrrebbe un regime in cui i benefici del mancato raggiungimento degli obiettivi andrebbero in buona parte ai Comuni, mentre gli svantaggi sarebbero tutti a carico dei cittadini. Se ipotizzassimo, ad esempio, che al 2013 l’impresa appaltatrice riuscisse a realizzare una performance del 20% di differenziata, ci ritroveremmo con un carico a suo sfavore del 45%, corrispondente ad un risparmio sul servizio pari a 1.125.000 € per il Comune di Andria, e di 382.500 € per quello di Canosa. L’ecotassa, invece, non dovrebbe subire alcuna variazione, in quanto questi due Comuni già si collocano nella fascia massima, a meno di incrementi legati a variazioni normative, come già minacciato dall’assessore Nicastro. Se comunque dovesse avverarsi un’ipotesi di questo tipo, il Comune ne assorbirebbe l’incremento fino al 35%, lasciando la parte marginale a carico dell’impresa.
Storicamente i Comuni non sono mai stati così draconiani con le imprese ecologiche, sarebbe strano se lo diventassero improvvisamente adesso. Di certo la questione dei rifiuti è di rilevanza non da poco, e questo potrebbe aiutare se la Regione riuscisse a mettere a punto metodi e procedure efficaci contro la sperimentata riottosità ed inefficienza in materia, di province, comuni e ATO. Se le sanzioni previste venissero applicate realmente, potrebbero rappresentare un salasso per le imprese oltre che uno sprone significativo, ma il rischio che il tutto si riduca ad una grida manzoniana è forte, anche perché la situazione contabile dei Comuni presenta qualche punto di criticità.

Un pessimo affare

Osserviamo i dati del rendiconto 2010, da dove emerge chiaramente che il Comune di Canosa contabilmente non ha fatto proprio un grande affare a costituire l’ARO con Andria. Considerato che il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti deve essere finanziato con la TARSU, scopriamo che Canosa raggiunge una percentuale di copertura del 95,4% considerando il rapporto tra riscossioni e pagamenti; Andria invece non va oltre il 66,16%. E questo rappresenta un bel problema se la ditta che fornirà il servizio è unica per le due città.
Ma non finisce qui. Nelle Linee guida prestazionali è indicata la base d’asta dell’appalto, un costo annuo di 2.350.000 € per il Comune di Canosa e 10.000.000 € per quello di Andria. Probabilmente subirà qualche variazione in ribasso, ma se dovesse rimanere più o meno quello, accadrebbe che con la nuova gestione, Canosa risparmierebbe circa 400.000 € , Andria invece si vedrebbe crescere il costo dell’appalto di circa 700.000 €. All’apparenza un affare non molto buono per gli andriesi. Il problema è che ad Andria i costi non vengono assolutamente liquidati completamente, avanza sempre un po’ ancora da pagare. Quando si passa dagli impegni ai reali pagamenti, si scopre che Canosa nel 2010 è riuscita ad onorare quasi per intero il dovuto, riducendo i residui da riportare da 416.517,70 € a 373.749,73 €; Andria, invece, non ha fatto altro che accumulare residui su residui, facendoli lievitare da 7.231.205,96 € dell’esercizio 2009, agli attuali 8.243.044, 63 €; attestando su un valore estremamente critico (88,4%) il rapporto tra i residui passivi totali e gli impegni nell’anno di competenza, valore che nel caso di Canosa scende molto al di sotto, al 13,7%. E il bello non è ancora arrivato, in quanto la scadenza del contratto d’appalto con il vecchio gestore lascia uno strascico che dovrà essere colmato, arretrati che dovranno essere versati prima o poi.
Ovviamente il fronte delle uscite piange perché ci sono evidenti problemi nelle entrate. Iniziamo dal caso meno grave, quello di Canosa. Nel 2010 la TARSU ha reso complessivamente 2.880.283,85 €, più dell’accertato per l’anno di competenza. Di questa somma 1.657.334,26 € è il riscosso per l’anno 2010, mentre 1.222.949,59 € è quanto si è recuperato dei residui degli anni precedenti. Il bilancio è comunque positivo, in quanto i residui, a fine 2010, sono diminuiti di 146.825,39 €, attestandosi a 2.002.078,59 €, che se volessimo considerarli come quella parte di tassa non riscossa, non possiamo che prendere atto che almeno, anche se in minima parte, i mancati introiti si sono ridotti.
Diversa, poco chiara e molto più inquietante è invece la situazione delle entrate da TARSU andriesi. Innanzitutto hanno diviso il capitolo in tre cespiti, quello della tassa per l’anno corrente, una seconda partita per il recupero dell’evasione, ed una terza per il recupero crediti, e la situazione è piuttosto complicata.
Partiamo dalla semplice tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Ebbene, la prima stranezza riguarda quanto il Comune ritiene di poter incassare per l’anno 2010: 7.000.000 € tondi tondi. Può starci che l’abbiano calcolato nel preventivo e magari confermato nell’assestamento di bilancio, ma che addirittura quella cifra si ritrovi senza dispari anche tra gli accertamenti è quantomeno sospetto. E infatti di quella somma finirà nella casse comunali il 79%, ovvero 5.517.815,03 €, lasciando tra i residui 1.482.184,97 €. E proprio la gestione dei residui è la parte meno comprensibile e più alchemica della ragioneria andriese. Nell’assestamento di bilancio ve ne erano 2.796.760,72 € ancora da incassare che, in massima parte, spariscono nel rendiconto, dove riportano tra i residui solo quelli effettivamente riscossi, ovvero 533.743,40 €. Dove siano finiti non è chiaro, concettualmente dovrebbero trovarsi tra quelli da recuperare, ma anche in questo capitolo non mancano le sorprese.
La seconda voce della TARSU riguarda il recupero dell’evasione, ovvero nuovi accertamenti sfuggiti negli anni precedenti. Anche in questa voce non mancano le bizzarrie. Nell’assestamento si scopre che del pregresso il Comune di Andria avrebbe dovuto recuperare 669.480 €, anche questi spariti in gran quantità dalla voce residui, dove compaiono ancora come tali solo 61.885 €, meno del 10%. Ciò a significare che degli anni passati non solo si è portato in bilancio una cifra fantascientifica, ma all’analisi definitiva i valori sono stati fortemente ridimensionati e di quelli nulla è finito in cassa.

Sorte differente nella forma, ma non molto nella sostanza, è arrisa a quanto si prospettava di recuperare nel 2010. Avevano scritto in assestamento 450.000 €, il ritocco è stato minimo in accertamento (417.533,90 €), ma al tesoriere è arrivato giusto il 23%, ovvero 96.466,10 €.
Tutto quanto visto finora è niente rispetto al recupero crediti, la parte più criptica del rendiconto. Nell’assestamento avevano riportato in 900.000 € i residui attivi, 750.000 € le entrate per l’anno corrente, salvo poi aggiornare le cifre, azzerare il residuo e far crescere gli accertamenti della incredibile cifra di 5.850.000 €. In pratica rifacendo i conti si sono accorti che l’ammontare dei recuperi non era quello indicato in maniera troppo ottimistica in partenza, ma la ben più consistente cifra di 6.600.000 €. Ma di questi quanti sono stati poi effettivamente riscossi? Il 4%, una bazzecola: 279.581,18 €.
E’ chiaro che con fondamentali di questo tipo non so quanto convenga poi ad un comune relativamente virtuoso – almeno per quanto riguarda la gestione della TARSU – ritrovarsi in rapporto di partnership con un altro che ha evidenti difficoltà, visto che l’impresa dovranno pagarla in due. Le perplessità non finiscono qui, ad esempio è ampiamente sperimentato che il sistema di raccolta differenziata è tanto più efficace quanto più numerosi sono i soggetti in gioco e più forte è la coesione fra di loro. L’ATO Bari 1 intende, almeno stando al capitolato, lasciare completamente ed esclusivamente al soggetto vincitore dell’appalto la responsabilità del progetto, senza considerare che i Comuni avrebbero, almeno sotto il profilo finanziario, tutto l’interesse acché questa operazione fallisse, visto che ad una bassa percentuale di differenziata corrisponde in automatico un risparmio sul costo del servizio di raccolta rifiuti. Una situazione paradossale della quale gli unici a fare le spese sono i cittadini ignari di certi magheggi.

Sabino Saccinto

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Pubblicato il 29/08/2012 h 19:45:35
Modificato il 05/06/2013 h 23:10:13

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