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L’ecoflop dell’assessore Nicastro

Raccolta differenziata al minimo e drammaticamente fuori dagli obiettivi, indolenza degli amministratori locali; una legge sull’ecotassa che favorisce l’incenerimento ed il conseguente inquinamento atmosferico e del suolo proprio in questi giorni che a Taranto si mette sotto accusa il siderurgico. E su tutto l’assessore Nicastro, che da questo bailamme non riesce a cavare un ragno dal buco.

Sul Bollettino Ufficiale n. 6 del 12 gennaio 2012 della Regione Puglia, sono state pubblicate le determinazioni del dirigente dell’Ufficio Gestione Rifiuti con le quali si è definito l’importo della ecotassa per i Comuni pugliesi: l’ennesimo cahier de doleance per quei cittadini che ancora credono che sia possibile, in Puglia, raccogliere i rifiuti in maniera intelligente.
E pensare che l’assessore Nicastro aveva promesso, nell’autunno precedente, una completa revisione dei meccanismi di determinazione della ecotassa con lo scopo di essere più convincente con Comuni storicamente riottosi e con ATO prossime al ridimensionamento. Lo aveva fatto agitando la clava del rincaro, da realizzarsi possibilmente entro la fine dell’anno. Così non è stato, evidentemente, se a luglio dell’anno successivo siamo ancora a commentare i dati scandalosi del 2011, senza che né giunta, né consiglio regionale abbiano preso uno straccio di provvedimento che provasse quantomeno a dare la strizza agli inadempienti. Nel 2013 la Puglia dovrà realizzare il miracolo: differenziare almeno il 65% dei rifiuti, e se diamo un’occhiata a quello che è stato fatto finora, possiamo concludere che solo lo stellone potrà salvarci. La questione non è ideologica, ma puramente matematica.
Iniziamo considerando un dato essenziale per definire il livello di attaccamento al problema da parte della classe degli amministratori locali. I frequentatori più attenti di questo blog ricorderanno i criteri con i quali l’ecotassa si calcola, variabili, tra l’altro, di anno in anno con l’obiettivo pieno di differenziata da realizzarsi. Il massimo che si potrebbe pagare all’atto del conferimento dei rifiuti in discarica è 15 € per tonnellata. Lo si fa quando l’ATO non dispone di un sistema unitario di raccolta, quando non è prevista la chiusura del ciclo (incenerimento) e quando le percentuali di raccolta differenziata sono inferiori al 27,5%. Al contrario, disponendo di un inceneritore, di un unico raccoglitore e superando il 49,5% di differenziata, l’ecotassa scenderebbe a 1,25 € per tonnellata, il minimo. Ebbene, nessuno dei comuni pugliesi ha pagato tanto, ma ciò non ha escluso che eccellenze ci potevano essere, almeno tra quelli che riciclano di più. Quest’anno, la ATO riciclona per eccellenza è stata Brindisi 2, con ben tre comuni a superare il miglior obiettivo imposto dalla Regione: San Pancrazio Salentino con il 59,38% di differenziata, San Michele Salentino (55,19%), Erchie (55,04%). Il peggiore della migliore ATO è stato Torre Santa Susanna (7,32%), ma non fa testo in un ambito dove altri quattro superano il 40% e Francavilla Fontana si ferma al 30,52%. Ma le buone notizie finiscono qui. Nel resto della Puglia si possono contare sulle dita di una sola mano i comuni che hanno varcato la soglia psicologica del 30%: Molfetta (ATO Bari 1): 32,46%; Bitetto (ATO Bari 2): 31,6%; Apricena (ATO Foggia 1): 46,49%; Candela (ATO Foggia 5): 47,51%. Per il resto il panorama è assolutamente scoraggiante e desolante, ad iniziare dal numero dei comuni che si sono preoccupati di certificare agli uffici regionali le loro percentuali: 39 su 257; mentre a mandarla in forma incompleta sono stati 19, non conforme 34, 164 i non pervenuti, ovvero i comuni che si sono allegramente disinteressati al problema ed hanno preferito soprassedere.



Se osserviamo lo spaccato degli ATO, scopriamo che nel Bari 1 non l’hanno trasmessa in 5 su 9, nel Bari 5 sono stati in 5 su 21, 7 su 11 nel Brindisi 1, 12 su 16 nel Foggia 1, 23 su 29 nel Foggia 3, nel Foggia 4 tutti e nove i comuni hanno trasmesso carte non conformi, a Foggia 5 i non conformi sono stati 9 su 10.
Il peggio della sensibilità ecologica lo si raggiunge nel Salento, dove già in passato si sono avuti fenomeni alquanto preoccupanti di crisi dei rifiuti. Ebbene, nell’ATO Lecce 1 ha trasmesso dati in forma completa solo un comune su 26, Lecce 2 e Lecce 3 hanno declinato l’invito, così come hanno fatto Taranto 1 e Taranto 3.
Come mai prestazioni così poco commendevoli? I motivi possono essere tanti: la scarsa organizzazione, la pigrizia, la mancanza di sensibilità, di senso di appartenenza ad una comunità, ma anche motivi di ordine pratico. Di certo, se un comune sa già di avere valori pessimi di differenziata non cambia nulla, ai fini dell’ecotassa, se attiva comunicazioni o meno. Esistono casi, però, dove è addirittura possibile ipotizzare che il dovuto in più per ogni tonnellata di rifiuto solido urbano sia perfino accettabile, specie se esistono ammortizzatori dell’ecotassa, come, ad esempio, l’inceneritore o il gestore unico. In questi casi accade che incenerire può essere più conveniente che riciclare, facendoci così addivenire ad una conclusione choc: la legge regionale sull’ecotassa è disincentivante per la raccolta differenziata. Solo ipotesi? Non direi. Guardiamo ancora i dati. Delle 15 ATO pugliesi, 9 sono dotate di un impianto di chiusura del ciclo dei rifiuti, 6 ancora non ce l’hanno: 174 comuni sono serviti da un sistema di questo genere, mentre 83 non ne dispongono. Di quelli che non chiudono il ciclo, 47 non hanno trasmesso i dati sulla raccolta differenziata, il 57%; mentre dei 174 comuni dotati di inceneritore all’interno della propria ATO, in 117 non hanno comunicato i dati alla Regione, ovvero il 67%, 10 punti percentuali in più.
Se osserviamo il dato disaggregato del valore medio della raccolta differenziata (per comodità ho considerato la media aritmetica) dei comuni che chiudono il ciclo contro quello dei comuni che non inceneriscono, troviamo un 18,33% contro il 27,60%. Se a ciò aggiungiamo le ATO che per intero non hanno inoltrato i dati agli uffici regionali, scopriamo che 5 su 6 sono di quelle che non chiudono il ciclo dei rifiuti. In definitiva, quindi, possiamo tutti convenire sul fatto che incenerire non incentiva la raccolta differenziata. Se l’incenerimento può apparire un sistema abbastanza comodo e potente per risolvere casi di emergenza conclamata, non lo è altrettanto in situazioni normali, specie quando Bruxelles impone obiettivi ambiziosissimi il cui mancato rispetto può generare sanzioni a livello regionale.
Il fatto che sia la legge stessa a creare guasti, fa apparire più ambigua tutta la politica della Regione Puglia in materia di rifiuti solidi urbani. Ad esempio, è in fase di realizzazione una ristrutturazione di tutte le ATO, con considerevole riduzione del loro numero. Con tutta probabilità verranno scelte in maniera da garantire ad ognuna di esse uno o più impianti di incenerimento. Rimanendo inalterati i criteri dell’ecotassa, questo comporterà in automatico un dimezzamento della stessa anche per i comuni che attualmente non dispongono di inceneritori. Fatta eccezione per quelli virtuosi che presumibilmente continueranno a garantirsi per abitudine percentuali vicine a quelle di legge, è chiaro che gli altri non avranno alcun vantaggio a puntare sulla differenziata. Inoltre crescerà il bacino di utenza di ogni singolo impianto di chiusura del ciclo. Il tutto a vantaggio delle aziende del settore, visto che si vedranno crescere sensibilmente il carburante da rifiuto.
In questo senso mi sembra molto istruttivo quanto accaduto a Conversano, dove l’impresa che ha preso in gestione lo smaltimento dei rifiuti, ha preteso contrattualmente una quantità minima garantita giornaliera di “carburante”, quello che serve a mantenere il livello standard del ciclo produttivo. Il che ha scatenato una polemica al calor bianco tra associazioni ambientaliste sostenitrici della rete rifiuti zero e governo regionale. Quella clausola pregiudica buona parte della differenziata, anche se l’assessore Nicastro ha rassicurato tutti prevedendo che l’estensione degli ATO avrebbe salvato capra e cavoli. Ma sarà vero che certe imprese si accontentano di quello che hanno? A giudicare da un avviso di deposito di verifica assoggettabilità comparso il 16 febbraio 2012 sul BURP n. 24 non si direbbe. Si tratta di una procedura che le imprese sono obbligate a seguire quando richiedono l’installazione di impianti con significativo impatto ambientale. L’inceneritore è quello della Marcegaglia di Massafra. Dal documento apprendiamo pochi dati, ma molto interessanti se li incrociamo con quelli che ci vengono forniti dal sito Rifiuti e Bonifica della Regione Puglia. Ho preso in considerazione la performance dell’ATO Taranto 1, quello di Massafra, nell’anno 2011. Ebbene, i valori di differenziata riportati sono tutti piuttosto bassi, non dimentichiamo che i comuni di quest’ambito si son visti bene dal trasmetere i dati in Regione, ma incuriosisce il quantitativo totale di RSU prodotto dall’intera ATO nell’anno: 217.959 tonnellate. Se consideriamo che mediamente la percentuale di trasformazione dei rifiuti solidi urbani in combustibile da rifiuto è del 50%; che l’inceneritore di Massafra brucia attualmente 100 mila tonnellate all’anno di CDR e biomasse; che l’apporto di biomasse è poco significativo se paragonato alla disponibilità di CDR, possiamo tranquillamente concludere che a Massafra già si brucia tutto il CDR possibile e che l’eventuale raccolta differenziata non potrebbe mai raggiungere i numeri previsti per legge nel 2013 (65%), pena un conflitto piuttosto acceso con la Marcegaglia sulla falsariga di quello di Conversano, con buona pace della differenziata e dell’assessore Nicastro. Inoltre, la richiesta di realizzare una seconda linea di termovalorizzazione della stessa potenza da parte della Marcegaglia, creerebbe un surplus notevole di capacità produttiva - da 100 mila a 200 mila tonnellate annue di CDR - doppia rispetto alla capacità dell’ATO di generare immondizia, compensabile solo con l’acquisizione di altre fonti di rifiuto. E’ pensabile dunque che l’investimento non sia rivolto all’attuale configurazione dell’ATO, bensì a quella futura, quando da 15 ne saranno 6 in tutta la Puglia, facendo cadere anche il primo assioma dell’assessore Nicastro, pronunciato in quel di Conversano. Le aziende che investono sugli inceneritori puntano su un tipo di business facile e garantito, dove la concorrenza è ben addomesticata, dove il guadagno è sicuro e dove finanche lo Stato finanzia, visto che quelli sarebbero sistemi assimilabili alle fonti energetiche rinnovabili. Difficile che rinuncino alla possibilità di incassare meno.

Tutta colpa dell’assessore Nicastro, allora? Tutta non di certo, ma è chiaro che se l’assessore volesse battere un colpo, ma sul serio, non potrebbe non proporre una modifica dei meccanismi di determinazione dell’ecotassa, allo scopo di favorire davvero la raccolta differenziata, superando le incongruenze, le strumentalità e le illogicità dell’attuale normativa. Ad esempio prevedendo una declaratoria non a scatti, ma continue in rapporto alle percentuali di riciclaggio, in modo da assegnare un peso anche al singolo punto ed evitare la beffa, per alcuni comuni, di non poter godere dello sconto anche solo per un decimale; eliminare l’abbattimento del 50% per gli ATO che hanno un unico soggetto addetto alla raccolta, non ha senso né valenza pratica, specie in prospettiva di una loro riduzione di numero e quindi di una maggiore estensione del territorio di giurisdizione; cancellare l’ulteriore sconto del 50% per quelle ATO che bruciano anziché differenziare. Non solo è inutile, ma perfino dannoso oltre che illogico: il ciclo dei rifiuti si chiude realmente con il riciclaggio, perché portare dunque sullo stesso piano chi differenzia e chi si limita semplicemente a far bruciare, senza considerare che comunque le ceneri alla fine finiscono in discarica?
Per quanto ci riguarda, Dueparole.eu ha predisposto uno schema, rappresentato nel grafico allegato, dal quale è possibile determinare l’ecotassa in ottemperanza ai principi enunciati. E’ previsto perfino che l’ecotassa si azzeri nelle realtà dove la raccolta differenziata raggiunge gli obiettivi regionali. Per fare qualche esempio, il Comune di Molfetta (32,46% di differenziata) pagherebbe 8,68 € per tonnellata anziché 11,25 € secondo l’attuale normativa. Perfino il Comune di Canosa di Puglia avrebbe uno sconto (da 15 € a 13,86 €) nonostante la sua non brillante performance (13,78% di differenziata). I comuni ricicloni della Brindisi 2 ci guadagnerebbero quasi tutti, e l’ecotassa si azzererebbe addirittura in 3 casi su 9 (Erchie, San Pancrazio Salentino, San Michele Salentino), con l’unica eccezione di Francavilla Fontana, 30,52% di differenziata e ecotassa in crescita da 7,5 € a 9,41 €, gode del 50% di sconto per il gestore unico. Per chi non ricicla o per chi non ha voglia di trasmettere i dati, adagiandosi sui comodi sconti previsti dalla chiusura del ciclo, sono guai: ecotassa sempre al massimo. E’ chiaro che una soluzione di questo genere, con vantaggi reali più significativi rappresentati nel grafico 2, non piacerebbe più di tanto alla politica, per le pressioni delle lobby del settore, ormai molto forti, e per quanto accaduto in passato, in cui si è atteso che situazioni già critiche deflagrassero, colpevolmente e forse scientemente, in una crisi dei rifiuti, alla quale, data l’emergenza, l’incenerimento è sembrato essere l’unico sbocco possibile.
Ora il problema che si pone è un altro, e a quello l’assessore Nicastro non può pensare di dare una risposta con il commissariamento se prima non modifica, magari in maniera rivoluzionaria e pestando i piedi a soggetti notoriamente forti, l’aspetto regolamentare. Salvarsi l’anima scaricando le colpe su amministratori locali pigri e maldisposti, può dare qualche rendita di posizione nel breve periodo, ma non può garantirsi l’assoluzione di chi analizza in modo estremamente critico il problema.



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Pubblicato il h
Modificato il 15/12/2012 h 19:43:11

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