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Francé ci riprova

Ci siamo già occupati della rigenerazione urbana secondo Francè a gennaio di quest’anno , quando scoprimmo che il nostro sindaco aveva tentato di agganciare ad un progetto già trasmesso in Regione, una variante alquanto strana con la quale provò a far passare sotto le spoglie di rigenerazione urbana, lavori nell’area del nuovo museo provinciale. Notammo, infatti, la stranezza di due determinazioni dirigenziali del dirigente all’Assetto del Territorio, nelle quali non era ben chiaro che cosa il Comune di Canosa intendesse realizzare. La determina n. 151, del 2 luglio 2010, menzionava la delibera consiliare n. 2 del 11 febbraio 2010, mentre la determinazione successiva (la 259 del 27 settembre 2010) non riportava più, tra gli allegati, il documento prodotto dagli enti locali, ma semplicemente una sommaria descrizione dell’intervento, con la differenza che due di essi non erano stati assolutamente contemplati nella delibera n. 2 del Consiglio comunale di Canosa. Uno di questi interventi riguardava proprio la riqualificazione dell’area del Museo Archeologico Provinciale.

Questo in sintesi quanto descritto in gennaio. Oggi, invece, dopo una ricognizione più approfondita, proviamo a ripercorrere quanto accaduto nel frattempo. Iniziamo da uno studio di fattibilità per un Museo Archeologico Nazionale – poi, mutatis mutandis, diventato provinciale – con il quale si deliberò di inserire l’intervento, per l’importo complessivo di euro 20.000.000,00 nella programmazione triennale dei lavori pubblici 2008/2010 dando atto che al finanziamento si provvederà con fondi del Ministero per i Beni Culturali per il tramite della Regione Puglia. E la cosa in sé ebbe già del comico allora, se vogliamo, considerato che l’idea iniziale fu quella di farlo con i soldi del 150esimo dell’Unità d’Italia, poi affidati a Bertolaso con i risultati che conosciamo, quando al MIBAC c’era Sandro Bondi, costretto alle dimissioni dopo aver lasciato che il suo ministero venisse depredato dai ferali tagli tremontiani, gli stessi che poi provocarono dopo pochi anni un aumento dell’accisa sui carburanti.

Ma i nostri non si scoraggiarono, se non sarà possibile avere un museo, almeno accontentiamoci di quello che potrebbe girarci intorno – pensarono - ad esempio qualche opera infrastrutturale da agganciare ad un qualche programma di finanziamento. E’ questa la logica della delibera n. 309 del 2 agosto 2010 , con la quale si incaricarono, per un importo massimo di 2 milioni di euro cadauno, l’ing. Germinarlo a predisporre un progetto per Piano S. Giovanni e l’ing. Maggio a fare altrettanto per la Via Traiana ed il Tratturo Regio. Particolare non trascurabile è che l’ing. Maggio, poi trasferito in Provincia, fu anche nominato responsabile unico di tutto il procedimento.

Il 11 agosto 2010 venne approvato il progetto preliminare di “Riqualificazione dell’area del Museo Archeologico Provinciale”, dell’importo complessivo di euro 2.000.000,00”. Della delibera n. 332 non esiste alcuna copia disponibile in internet.

Fin qui tutto chiaro. Le perplessità sono sorte dopo, quando si è dato atto, stranamente, che durante la fase negoziata del FESR, il progetto è stato fortemente ridimensionato – non sono citati riscontri documentali ma solo numerosi incontri in Regione – portandolo alla cifra di 500 mila euro al fine di renderlo coerente con i contenuti del bando. Perché mai?

Il mistero si infittisce quando si cita la delibera n. 85 del 15 marzo 2011 (non reperibile sul sito ufficiale del Comune) con la quale si approva un progetto preliminare del primo stralcio della riqualificazione dell’area di Piano S. Giovanni, finanziato per giunta con una determina dirigenziale irreperibile sui BURP, la n. 80 del 7 febbraio 2011. Avete letto bene. Il progetto che fino a prima del 15 marzo era unico, si suddivide in stralci, quanti in totale non si sa, al momento ne contiamo già due. Inoltre non è chiaro se siamo nel campo delle fantasie o delle assurdità, si noti che la determina di finanziamento è stata prodotta prima (il 7 febbraio) che la giunta comunale decidesse lo stralcio (il 15 marzo), quindi diventa lecito chiedersi cosa sia stato realmente finanziato dalla Regione. A rigor di logica dovremmo dire tutto l’intero progetto, ma in questo caso il Comune di Canosa non avrebbe diritto ad iscriversi all’avviso pubblico per il secondo stralcio, perché sarebbe come chiedere un secondo finanziamento per parte di un progetto già liquidato interamente prima.



Dispiace ripetermi, ma al di là degli aspetti burocratici esistono questioni politiche abbastanza evidenti che basterebbero da sole ad inquadrare sotto la giusta luce quanto sta accadendo. E’ chiaro che ci troviamo di fronte ad un gruppo di persone di potere che sta cercando di sfruttare il possibile per deviare denaro pubblico verso altri lidi, con conseguente detrimento di altri, perché riqualificare una zona della città che non era mai stata qualificata prima, è una contraddizione in termini; sfruttare fondi destinati ad altri scopi per preparare l’infrastruttura di uno strano oggetto dei desideri è aberrante sotto il profilo della buona amministrazione e dell’oculatezza della spesa. Il museo archeologico, nella misura agognata da Francè, è un’impresa persa in partenza per almeno due motivi: lo Stato non lo finanzierà, specie in tempi duri come questi. L’idea che lo possa fare la Provincia è una pura chimera, non ha i soldi; è oberata di incombenze ordinarie a cui non riesce a far fronte; recentemente è stata sottoposta ad una campagna di stampa piuttosto aggressiva proprio per le spese folli; è tra quelle che rischiano l’estinzione prematura. Ergo, a cosa serve deviare il corso di un canale, scavare e chissà cos’altro se poi il tutto ha ottime probabilità di risultare inutile?

L’altra stranezza riguarda l’atteggiamento della struttura regionale (tecnica e politica) deputata all’indizione dell’avviso pubblico, all’esame della documentazione, alla valutazione ed alla successiva negoziazione. Il sistema presenta qualche falla nella procedura, infatti il progetto esecutivo non viene richiesto all’atto della presentazione della domanda di ammissione, ma dopo, successivamente all’invio di una messe interminabile di dichiarazioni puramente teoriche, di principio, fumisterie sulle quali viene elaborato un punteggio, materiale non prodotto direttamente dalle amministrazioni, ma costruito con l’ausilio di agenzie costituite ad hoc.

Una volta approvato il programma viene il bello, i sindaci vengono invitati a presentare i loro progetti e si avvia la fase negoziata, ovvero tavoli tecnici con l’assessore nei quali si contratta, si discute. Ed è lì che può accadere di tutto.

Quanto accaduto nel 2010 è emblematico. Si partì con una delibera, la n. 2, che servì semplicemente ad adottare un documento programmatico, rimandando la parte esecutiva ad un progetto che sarebbe arrivato dopo, coerente con quanto già definito. In realtà, nel documento programmatico vi era di tutto. Sviluppava, ad esempio, tematiche amplissime sul ruolo storico del fiume Ofanto, passando per il riconoscimento al Comune di Canosa di Puglia della vocazione storico archeologica; tra i suoi asset vi era il Museo (non si riferivano all’istituendo), la Via Traiana, il parco urbano del canale Lamapopoli e il Centro Storico della Collina dei Quaranta Martiri. Il guaio è che i documenti di programmazione diventano elencazioni interminabili di opere che magari accontentano tutti. I problemi sorgono quando si devono poi decidere le priorità. Nella fase operativa furono cancellati gli ultimi due punti e concentrarono la richiesta dei fondi sulla “Infrastrutturazione e miglioramento ambientale dell’area di Piano San Giovanni” e sulla “Riqualificazione territoriale della Via Appia Traiana – Tratturo Regio” compresa fra l’incrocio della SS. n. 231 e l’ingresso della Città”, ovvero il vecchio sogno della rotonda e quello dell’anticipo dei finanziamenti per l’erigendo Museo Archeologico Provinciale. I soliti magheggi: si trasformano in programmi di riqualificazione cose che non hanno assolutamente nulla a che vedere con i principi ispiratori. Nella fattispecie della rigenerazione, si fanno passare per tale interventi in aree della città non abitate o scarsamente popolate, che non vanno a recuperare un degrado, ma semplicemente a costituire da infrastruttura per nuovi edifici, quello che nella normalità dovrebbero fare i Comuni con stanziamenti ordinari. E pensare che la Legge regionale n. 21 del 29 luglio 2008 recita all’art. 1, comma 2: I principali ambiti d’intervento sono i contesti urbani periferici e marginali interessati da carenza di attrezzature e servizi, degrado degli edifici e degli spazi aperti e processi di esclusione sociale, ivi compresi i contesti urbani storici interessati da degrado del patrimonio edilizio e degli spazi pubblici e da disagio sociale; i contesti urbani storici interessati da processi di sostituzione sociale e fenomeni di terziarizzazione; le aree dismesse, parzialmente utilizzate e degradate.



La Giunta regionale ha riaperto le danze della rigenerazione urbana qualche mese fa, presentando un avviso pubblico per riammettere le candidature. La delibera è la n. 743 del 19 aprile 2011

Questa volta Francè ha lavorato di fino e di documenti ne ha fatti approvare due, entrambi nell’assise del Consiglio comunale del 24 giugno 2011: la delibera n. 24 con la quale si è adottato il Documento Programmatico per la Rigenerazione Urbana e la n. 23 di adozione del Programma integrato di sviluppo territoriale, quadro di coerenza strategica e quadro di coerenza con i soggetti partecipativi. Paroloni che in realtà sono puri atti tecnici obbligatori previsti dalla legge regionale, se non si vuole rimanere con i finanziamenti stroncati sul nascere.

La n. 24 è quella più innocua e presentabile, forse anche condivisibile. Individua gli ambiti di rigenerazione all’interno del Comune. Si va da Via De Gasperi a Via Cerignola passando per Piano S. Giovanni, così come si arriva fino a Loconia. Sono 14 in tutto e in loro non è compresa, ad esempio, né Via Corsica, né il Rione Castello, anche se quelle sarebbero zone da rigenerare eccome, ma l’eventuale risposta di Francè la conosciamo già, sono senz’altro interessate da altri misteriosi quanto annosi piani, probabilmente non sovrapponibili; altri fondi a cui attingere a piene mani quando sarà il momento opportuno.

La n. 23 è la delibera più sospetta, al punto 4 dove si dà atto che l’adozione del PIST comporta l’approvazione di un progetto generale di sistema di connessione materiale di “Greenway dell’Ofanto”; un progetto generale di “Laboratorio Intercomunale per la pianificazione partecipata”; di progetti stralci dei Comuni consorziati, dando atto che gli stessi saranno approvati con atti deliberativi delle rispettive Giunte.

In altre parole si ripropongono i due progetti presentati l’anno prima, con una variante: non si aspetta l’espletamento della prima fase per far sapere cosa operativamente si ha intenzione di fare, ma si delega la Giunta a definire, con la piena fiducia preventiva del Consiglio, quale sarà la priorità. Il metodo desta non poche perplessità, tra le quali anche una di carattere espressamente burocratico. Il progetto stralcio, così viene chiamato, elaborato dai rispettivi Comuni che compongono il raggruppamento, non può riguardare l’azione 7.2.1, ovvero un piano integrato territoriale, considerato che per essere tale necessita di una certa coerenza con il piano generale del territorio. Essa non è assolutamente garantita né richiesta, visto che ogni amministrazione può fare di testa propria ed agganciarlo al progetto vettore come vogliono. Si potrebbe definire, semmai, parte di un piano urbano, ma in questo caso occorrerebbe che ciascun Comune lo presenti in aggiunta, ed in maniera indipendente, come piano riferibile all’azione 7.1.1, quella cioè dei programmi di esclusiva pertinenza urbana. Invece furbescamente cosa fanno? Si inventano qualcosa di irrealizzabile al solo scopo di far crescere il punteggio che verrà poi assegnato dalla commissione di valutazione. Ottenuti i finanziamenti, si persegue il secondo progetto, quello elaborato dalle Giunte, e si accantonano i primi.

E’ in quest’ottica che trova giustificazione la delibera di giunta n. 224 del 28 giugno 2011, quella realmente operativa che definisce in maniera precisa ciò che per l’Amministrazione è prioritario, ovvero la realizzazione dell’Area del Museo Archeologico Provinciale e la riqualificazione dell’area urbana ad esso pertinente, con buona pace delle reali emergenze. Sotto la parola riqualificazione si potrebbero nascondere molte verità. Sta di fatto che nonostante l’art. 1 comma 1 della Legge regionale n. 21 preveda espressamente il coinvolgimento degli abitanti e di soggetti pubblici e privati interessati ai programmi di rigenerazione urbana, nessuno sa con precisione cosa realmente farà, né è disponibile un progetto dettagliato dell’intervento. La spesa totale prevista è di 715 mila euro, di cui 49.750 per la progettazione. A carico della Regione ve ne dovrebbero essere 650 mila.

Francè è sicurissimo che l’opera, in secondo stralcio, verrà finanziata subito, e ha promesso che i lavori inizieranno immediatamente, ma tutti sappiamo benissimo che così non è, la delibera di Giunta regionale n. 1175 del 24 maggio ha prorogato i termini di presentazione delle candidature al 6 luglio, ma anche quelle di pubblicazione degli elenchi di ammissione. La domanda di Francè non potrà passare alla fase negoziata prima del 31 agosto (salvo ulteriori proroghe), e non è assolutamente detto che verrà ritenuta meritevole di finanziamento.

Sabino Saccinto

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Pubblicato il 24/06/2013 h 16:55:04
Modificato il 24/06/2013 h 19:54:19

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