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I due sindaci

A distanza di sei mesi dall’elezione di Ernesto La Salvia, a tener banco è sempre la questione dell’ospedale, come se i problemi della città di Canosa finissero tutti lì. A cavalcare la tigre del malcontento è l’ex-sindaco, nonché presidente in carica della BAT-Provincia, Francesco Ventola.


L’argomento della chiusura, o meglio del ridimensionamento, dell’ospedale di Canosa tiene banco da qualche mese ormai, una storia infinita che in barba alla logica ed al diritto, è tornata come argomento clou del consiglio comunale del 15 novembre 2012. A richiederlo, i consiglieri del centrodestra, che nell’ordine del giorno si erano spinti fino all’impossibile (determinazioni) quando è risaputo che sull’argomento né sindaco, giunta o consiglio possono determinare alcunché, essendo la sanità materia di competenza regionale, ma tant’è.
La storia è nota e già di questo ci siamo occupati in un precedente post. Da allora non ci sono state grosse novità, e, secondo il sindaco La Salvia, se fino ad adesso nessuno si è ancora spinto a decretare la chiusura definitiva dei reparti di acuti, lo si deve ad una segnalazione alla Procura della Repubblica di Trani in cui si è denunciato l’inadeguatezza e la pericolosità del piano di riordino ospedaliero così come concepito dalla Regione Puglia: indebolisce sensibilmente il dovere costituzionale dello Stato nei confronti dei cittadini nel garantire la salute, compromette i LEA (livelli essenziali di assistenza).
La questione potrebbe chiudersi qui per almeno due motivi: le decisioni non spettano al sindaco (ognuno si prenderà la responsabilità dell’eventuale deliberato); l’attività amministrativa non può paralizzarsi su un singolo argomento, per quanto importante esso possa essere.
Non la vedono così nel centrodestra. E se il fatto ha in sé una sua logica politica e propagandistica, spaventa che dalle parti della maggioranza non si sia in grado di poter opporre una altrettanta forte risposta, perché se l’ex sindaco Ventola (uomo scafato) cerca di farsi forte della sua esperienza (unita ad una buona dose di scaltrezza) per dettare gli argomenti, dall’altra – quella del centrosinistra – non si fa nulla per uscire dal cul de sac.

Desta una certa sorpresa scoprire in Francè tutta questa preoccupazione per l’ospedale, si è sempre avuta invece l’impressione che a loro poco ne cali, se lo si intende un presidio a garanzia della salute; altra cosa è il resto: il potere che garantisce, il controllo di clientele elettorali, gli appalti, gli acquisti e ciò che vi gira intorno. Non so quanti dei signori del PDL si farebbero mai operare a Canosa per un male importante. Preferirebbero altri lidi. Lo stesso Francè, quando era ancora sindaco, subì un intervento al menisco e si guardò bene dal ricoverarsi nel nosocomio canosino. E allora? A che pro tutto questo attivismo? Demagogia, solo demagogia. Da una parte la tattica demolitoria di non lasciare campo libero all’avversario, pressandolo su ogni palla fino a sfiancarlo; dall’altra l’accreditarsi davanti ai suoi elettori come l’uomo della Provvidenza, il solo, l’unico che potrebbe garantire la sopravvivenza di una struttura ridotta ai minimi termini. E si sa che le motivazioni sono altre, politiche direi. Francè ha fiutato l’aria: ha perso il sindaco a Canosa; la Provincia, di cui è presidente, sta per essere accorpata e dal primo gennaio 2013 rimane lì solo per la normale amministrazione; anche le ipotesi tutte da verificare di una sua candidatura al Parlamento sono piuttosto debolucce, considerato che il PDL ormai condivide il suo blocco sociale con Grillo e alle prossime politiche sarà un bagno di sangue. Tanto vale, allora, tornare alle origini, come un Berlusconi del “94, a picchiar duro sull’amministrazione in carica, è una tattica che paga, già sperimentata in passato, specie quando serve ad agitare gli animi e l’emotività collettiva prefigurando scenari vagamente apocalittici (la dott.ssa Petroni sembra essere la su mentore).
Per capirlo basta poco. Uno degli aspetti su cui Francè ha insistito in una delle sue interminabili arringhe, è stato l’allarme sociale, ovvero addirittura il rischio di rivolte e disordini per la città. Bisogna dire che il sindaco La Salvia lo ha aiutato, sollecitando l’interessamento del Prefetto. Un fatto del tutto fuori luogo se analizzato con lucida freddezza. Semmai sarebbe stato dovere di Sua Eccellenza pretendere rassicurazioni in virtù di qualche segnalazione qualificata.



Ebbene, l’allarme sociale per la chiusura di un ospedale ha senso solo se il posto in cui si trova presenta elementi di estrema criticità, ad esempio se è riconosciuta una qualche morbilità che a Canosa, al contrario, non risulta sia stata mai palesata. Quelle parole son comunque passate senza essere censurate da alcuno, segno di una generale assertività.

Anche la maggioranza ha le sue pecche, politiche e sostanziali, delle quali la più appariscente è ormai un vizio del centrosinistra locale, già più volte emerso in passato: l’incapacità di dettare la sua agenda politica e subire, o peggio stare a scorta di quella del centrodestra, di Francè in particolare. Siamo proprio sicuri che maggiore salute significhi più ospedali? La sfida sul tema è culturale oltre che tecnica. Purtroppo il centrosinistra locale non sembra particolarmente ferrato sull’argomento, almeno al punto da poter sostenere una discussione e condurla sulla metà campo dove si sente più forte, ponendo Francè di fronte ad alcune sue contraddizioni e infingimenti. Gli orientamenti della medicina moderna tendono a privilegiare la profilassi rispetto alla cura, e di sistemi e mezzi per poterlo fare il Comune potrebbe dotarsi senza grandi difficoltà. Puntare tutto sull’ospedalizzazione è diventato insostenibile in termini di costi. E’ più importante rafforzare i presidi sul territorio sfruttando al meglio la rete dei medici di base. Invece sull’argomento non si è udito nulla. Eppure sarebbe stata una magnifica occasione per invertire i termini della discussione e costringere Francè a difendersi, anziché lasciare il sindaco sulla graticola. I numeri che La Salvia ha snocciolato uno dopo l’altro, reperiti sul sito ufficiale della ASL BAT, che in termini di efficienza e efficacia promuovono ai primi posti i reparti di pronto soccorso, ortopedia e ginecologia, paradossalmente possono rivelarsi un boomerang sul piano politico, dando man forte alla tesi di Francè, ovvero che il piano di riordino, e la chiusura dell’ospedale di Canosa, non abbiano una valenza scientifica o organizzativa, ma che rispondano ad una logica spartitoria tutta politica. Sennò che senso avrebbe chiudere servizi che rasentano l’eccellenza? Purtroppo, fin quando qualcuno non riuscirà a denunciare e dimostrare che nel gioco dei compromessi sottobanco rientrano a pieno titolo anche emeriti esponenti del centrodestra, sarà vincente colui il quale dirà che tutta questa storia ha un unico padre ed un’unica madre, che entrambi stanno a sinistra e che normalmente albergano tra gli scranni e gli uffici del Lungomare barese, e Francè avrà perfino ben donde a presentarsi puro come un giglio e impancarsi a difensore dei deboli e degli oppressi, condizione davvero paradossale se riandiamo con la mente ad altre epoche e altre situazioni in cui sul banco degli imputati c’era lui.
E’ sintomatico di una qualche incongruenza che in un consiglio comunale dove si è parlato dei problemi di tutti i cittadini (tali sono quelli che afferiscono la salute), a dominare numericamente siano stati gli addetti ai lavori. Preoccuparsi del proprio posto è legittimo, ma è evidente che forse quel punto all’ordine del giorno nascondeva un grosso equivoco, non la salute dei cittadini sembrava essere tra le priorità, quanto evitare che con la chiusura dell’ospedale nessuno dei maggiorenti ne avesse a perdere. Nel fare grandiose questioni generali di fatti più legati al particulare di alcuni, Francè è indubbiamente un maestro, un magnifico demagogo, un efficace mistificatore, il croupier di una roulette truccata a cui vince sempre e solo il banco. Il guaio è che nessuno è riuscito a svelare fino in fondo il suo gioco. Son rimasti quasi tutti in balia dell’incantatore di serpenti, storditi come mangiatori di loto, incapaci di accennare ad una replica senza subire una dolorosa reprimenda.
Certo, il male ha origini antiche, e sulla questione sanità la sinistra ha sempre giocato in difesa, vittima dei propri sensi di colpa prima ancora che degli argomenti degli avversari. Anche questa volta il problema non lo si è gestito al meglio, sia sotto il profilo della tattica che sotto quello della strategia politica, per inesperienza o per un atteggiamento di sufficienza alimentato dal sentirsi forti in ragione della superiorità numerica.
Ricordo che quando ad inizio estate scoppiò il caso per la prima volta, costituendo di fatto la prima considerevole rogna per il nuovo sindaco, rimasi sbalordito e sospettoso su come certe dinamiche stavano evolvendo. Era già abbastanza chiaro che Francè stava cavalcando la tigre nel modo più raffinato possibile, senza compromettersi e sovraesporsi più di tanto, senza ricorrere a bandiere o stendardi. Lasciò che sembrasse un’azione di popolo, condotta da un comitato (il B619) per l’occasione apolitico, ma con a capo giovani esponenti di destra a cui non sarebbe stato sgradito lo scalpo del Governatore. Sia chiaro, ad oggi non possiamo dire che il B619 abbia agito per un interesse di parte o per un secondo fine, mancano le prove. Ad esso va riconosciuto una certa correttezza, e da come il sindaco La Salvia ne parla, non si può dire che non sia stato collaborativo. Ma se da questo punto di vista non si può eccepire nulla al B619, è innegabile che almeno nei primi giorni della protesta, il comitato ha svolto una funzione di traino operativo, decidendo il tipo di azione e le sue modalità, e vellicando gli istinti barricadieri di certe forze da poco all’amministrazione. Parlando con un amico, notai la bizzarria della condizione del centrosinistra, continuava a comportarsi come una forza di opposizione nonostante avesse vinto le elezioni e fosse al governo della città.
Francè ha sfruttato con freddo cinismo la situazione, facendo leva su alcune debolezze mostrate dal La Salvia, non ultima un manifesto in cui minacciava una sorta di rivolta di popolo con occupazione del piazzale sotto il palazzo della Regione. Musica per le orecchie di Francè, la certificazione che quanto di peggio si paventava stesse realmente accadendo. Oggi, il Comitato B619 è stato assurto ad una funzione quasi politica, non c’è passo che il sindaco non faccia che il comitato non venga informato, partecipa, tramite suoi rappresentanti, alle riunioni con l’assessore Attolini. Non c’è voce che non arrivi a Francè.
E’ la democrazia semidiretta, bellezza. Quella che fa a meno dei corpi intermedi, quella post-partitica che vede in ogni iscritto una sorta di appestato. In altri tempi, forse, ascoltando qualcuno di quei noiosissimi soloni che ne hanno viste tante e che conoscono bene gli avversari, probabilmente si sarebbe addivenuti a qualcosa di diverso. Ma oggi, ai tempi delle decisioni prese con un “mi piace” su un social forum e con pensieri non più lunghi di 140 caratteri, si sta realizzando quello che Orwell previde oltre mezzo secolo fa.



Sabino Saccinto

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Pubblicato il 19/11/2012 h 21:52:06
Modificato il 15/01/2014 h 13:31:50

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