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Il Portavoce

La spending review falcidia i bilanci degli enti locali, ma ciò evidentemente non è un problema per Francè, che non sa rinunciare al suo portavoce e lo assume a tempo determinato in provincia con lo stipendio maggiorato.

Il 21 settembre u.s., con la fine dell’estate ed il sopraggiungere dell’autunno, il BAT presidente della BAT Provincia Francesco Ventola, per noi e per gli amici sempre Francè, ha emesso un decreto, il n. 38 per i pignoli, con il quale ha assunto il dott. Piscitelli Antonio (classe 1957) come Portavoce (non è un refuso, nel decreto è scritto proprio così, con la p maiuscola). A parte la facile ironia, della quale me ne scuso con gli interessati ed i lettori, è un fatto, questo, che dovrebbe indurci in qualche seria riflessione, specie di questi tempi, quando un altro Batman (Franco Fiorito) ha suscitato fiumi di indignazione per l’utilizzo, che con un prudente eufemismo definirei improprio, dei fondi destinati ai gruppi consiliari laziali. Ma veniamo a noi e innanzitutto all’oggetto della questione: il dott. Piscitelli.

Il dott. Piscitelli non è un personaggio noto al grande pubblico, anche se da anni è una sorta di uomo ombra di Francè. Ex dipendente della Regione Puglia, è accreditato come ghost-writer e numero uno dell’Ufficio stampa. Formalmente dipende dal Comune di Canosa, in realtà segue Francè in ogni suo passo, e Francè non può fare a meno di lui.
Fin quando il Nostro ha ricoperto contemporaneamente la carica di sindaco e di BAT presidente, il Piscitelli poteva stare in una città o nell’altra e nessuno ci avrebbe fatto caso. Il problema è sorto quando il Comune è passato di mano e il dott. Piscitelli è diventato inaspettatamente riallocabile, non avendo il nuovo sindaco, Ernesto La Salvia, alcuna intenzione di servirsi del ghost-writer del suo predecessore, di colore politico opposto, tra l’altro.




Francè prova una prima volta a richiamarlo tra i ranghi agli inizi di agosto con un suo personale BAT decreto (il n. 27 del 08.08.2012 ), ma ci sono problemi tecnici, il dott. Piscitelli è un dipendente comunale e Francè è il presidente della provincia, quindi non può di imperio disporre di una risorsa d’altri. Stando a fonti attendibili, il Piscitelli ha provato a farsi trasferire con una domanda di mobilità, ma al Comune gli hanno risposto picche: l’organico è sottodimensionato e non possono permettersi cessioni. A quel punto Francè, probabilmente consigliato da una mente finissima, ha pensato bene di emettere un secondo decreto, l’attuale, a correzione del precedente, con una novità: non considera necessario “l’utilizzo dell’istituto del comando avvalendosi dell’aspettativa”. L’aspettativa per i dipendenti pubblici è prevista per motivi personali, di studio o nei casi espressamente contemplati dalla legge. E guarda caso Francè fa riferimento all’art. 90 del Testo Unico degli Enti Locali per motivare il suo provvedimento. Effettivamente al comma 1 l’aspettativa senza assegni è obbligatoria per “collaboratori assunti con contratto a tempo determinato”, “se dipendenti da una pubblica amministrazione”. Le perplessità sorgono quando sempre al comma 1 troviamo: “Il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi può prevedere la costituzione di uffici posti alle dirette dipendenze del sindaco, del presidente della provincia, della Giunta o degli assessori, per l’esercizio delle funzioni di indirizzo e di controllo loro attribuite dalla legge, costituiti da dipendenti dell’ente, ovvero, salvo che per gli enti dissestati o strutturalmente deficitari, da collaboratori assunti con contratto a tempo determinato”. E’ evidente la problematicità del caso. Innanzitutto la costituzione di uffici posti alle dirette dipendenze del presidente non rappresentano un obbligo ma una possibilità, alla quale si può rinunciare se non estremamente necessari. Ma questa è una scelta politica che Francè ha preferito non compiere. Rimane la stranezza del fine previsto per legge ( “l’esercizio delle funzioni di indirizzo e di controllo” ) che non so quanto abbiano a vedere con quelle di “comunicazione e informazione” che seppur “costituiscono un momento essenziale del rapporto fra la P.A. e gli amministrati” poco c’entrano con le attività proprie di un presidente di provincia o di un assessore. La delibera di giunta n. 32 del 18.12 2009 è irreperibile sul sito della BAT Provincia, pertanto non è chiaro quali siano i riferimenti normativi attraverso i quali si è costituito l’Ufficio stampa, se non quelli più venali di alimentare un generone elettorale a spese degli enti pubblici. Comunque e sempre, le funzioni di comunicazione e informazione sono altre rispetto all’indirizzo e controllo.
L’aspetto più curioso della vicenda è il riconoscimento di un trattamento retributivo, per il dott. Piscitelli, davvero invidiabile di questi tempi. Non so se il beneficiante già rientri nella categoria D3 o se magari stia più basso come livello retributivo, ma il riconoscimento della maggiorazione del 50% dello stipendio non è assolutamente conforme al comma 3 dell’art. 90, laddove si prevede che con “provvedimento motivato della Giunta, al personale di cui al comma 2 il trattamento economico accessorio previsto dai contratti collettivi può essere sostituito da un unico emolumento comprensivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività collettiva e per la qualità della prestazione individuale” . Quanto il dott. Piscitelli dovrà guadagnare non l’ha deciso la Giunta con un atto motivato, ma il presidente con un atto monocratico e discrezionale; se quel 50% in più sostituisca gli straordinari, il premio di produttività collettivo e la qualità della prestazione individuale è tutto da verificare, intanto non è specificato. Dio non voglia che il Piscitelli, una volta insediatosi, pretenda anche quelli.

Ora qualche considerazione di tipo politico. Ho già fatto riferimento al caso del Lazio e del consigliere Fiorito detto Batman. Vorrei segnalare un aspetto di quella questione. Quando Fiorito ha affermato di non essere un ladro e di non aver rubato alla collettività, temo che per quanto paradossale possa apparire questa affermazione, abbia tecnicamente ragione, tanto che l’attenzione dei mass-media in questi giorni si sta trasferendo sull’altro particolare della vicenda: i fondi destinati ai gruppi consiliari in Regione e la loro consistenza, prima ancora che le finalità e il reale utilizzo. In altre parole, la vicenda laziale dimostra plasticamente che lo scandalo e il malaffare non sempre hanno una causa legata esclusivamente al comportamento ed alla dubbia onestà di taluni individui, ma esistono norme, pienamente lecite e legali, ma molto discutibili sul piano politico, quando non di ausilio, o addirittura di impulso, alla disonestà.
Analogamente, nominare un portavoce può essere un fatto perfettamente conforme alle regole e rispettoso delle leggi (forse il decreto di Francè non lo è). C’è un problema, però, legato alla tempistica.
Come è noto, le province non stanno avendo vita facile. Sopravvivono giunte che non verranno rinnovate; i presidenti non saranno più eletti direttamente dal popolo ma indicati dai Comuni; i membri del Consiglio provinciale saranno di nomina comunale. E’ chiarissimo che in corso vi è un ridimensionamento abbastanza forte delle loro funzioni e della loro rappresentanza, amplificato viepiù dalla spending review montiana che le sta riducendo copiosamente di numero.
I tempi consiglierebbero ad un amministratore accorto, con il polso vero della situazione, di limitare alcune pretese, come ad esempio quella del Portavoce lautamente retribuito. A Francè, che oltre ad essere presidente di una provincia, lo è di quella che più di ogni altra è stato l’esempio da non imitare, gli accadimenti dovrebbero indurlo in propositi ancora più miti. Invece accade che proprio lui vuole il Portavoce, dopo che la BAT è precipitata ai disonori della cronaca nazionale e locale per gli arredi iper-costosi, le sponsorizzazioni dei banchi scolastici, concorsi e assunzioni a iosa, ricorsi infiniti contro i concorsi, tanto da meritarsi un articolo non proprio apologetico su “L’Espresso” e qualche visita di “Report”.
Come ciliegina sulla torta si sono perfino spinti a far causa allo Stato, giusto per alimentare quel senso di voluta notorietà secondo il quale è bene che se ne parli, non importa se male. Secondo l’ass. Troia, il decreto con il quale il Governo nazionale ha deciso di cancellare la BAT non è legittimo. Ci sono i requisiti di territorio, ma non quelli di popolazione. In pratica ci si affida ad un costoso cavillo legale, degno del migliore degli Azzeccagarbugli, per sbrogliare una matassa politica. In altri tempi questioni del genere si sarebbero risolte diversamente, oggi qualcuno invece crede che gli avvocati possano di più. Intanto i cittadini della BAT dovranno rinunciare a qualche servizio offerto da una provincia ormai moribonda, in cambio delle laute parcelle di stimati professionisti. Alla fine paga sempre Pantalone.

Sabino Saccinto

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Pubblicato il 25/09/2012 h 16:50:16
Modificato il 15/01/2014 h 13:30:51

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