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Quell’Unione non s’ha da fare

Unione dei Comuni o Convenzione? E’ l’ultimo dilemma che agita e divide la maggioranza. Una storia dietro la quale si nascondono fatti misteriosi.

Tempo fa commentai in un post l’avviso pubblico con il quale l’ATO Bari 1 intese affidare ad un nuovo soggetto il servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani nei Comuni di Andria e Canosa. Non mancai di rilevare alcuni punti poco chiari, anche se nel complesso l’operazione non si presentava poi così male. La novità fu rappresentata dalla costituzione di un nuovo soggetto, l’ARO - diretta emanazione dell’ATO - che avrebbe assorbito le competenze dei Comuni in materia di raccolta rifiuti. L’ARO (Ambito Ristretto Ottimale) si sarebbe costituito fra più città contermini ed avrebbe assunto competenze e ruoli già esercitati dai singoli municipi per espletarli in forma associata.
Nel settembre 2012, l’ARO Andria-Canosa partì operativamente con un programma alquanto ambizioso, attivare un sistema porta a porta di raccolta differenziata, con l’obiettivo di rispettare le percentuali imposte dalla Legge Ronchi. Sotto questo punto di vista l’esperimento riuscì, facendo lievitare la differenziata da striminziti valori che non superavano il 13 o il 14 percento, a punte del 70% e oltre. Il meccanismo degli ARO era già nelle corde dell’assessore regionale Nicastro, tanto che il 20 agosto 2012, qualche giorno prima che ad Andria e Canosa partisse la raccolta differenziata, fu approvata la legge regionale n. 24, dal titolo piuttosto eloquente: “Rafforzamento delle pubbliche funzioni nell’organizzazione e nel governo dei servizi pubblici locali”.
E’ da qui che parte la storia di questi giorni, che a Canosa sta creando non pochi problemi all’interno della maggioranza che regge le sorti del sindaco La Salvia, e in un partito, il PD, apparso lacerato e sull’orlo di una crisi di nervi nel Consiglio comunale del 19 agosto, quello che avrebbe dovuto ratificare la delibera con la quale il Comune di Canosa esprimeva la sua volontà di partecipare all’Unione dei Comuni.

La storia è piuttosto lunga e prende le mosse da una serie di riunioni tenutesi già nei primi mesi del 2013, culminate con un accordo sottoscritto tra i rappresentanti di Andria, Canosa, Minervino e Spinazzola il 5 giugno, quando predisposero, esaminarono e condivisero “l’allegato schema di atto costitutivo e statuto dell’Unione”. Tutto bene? Nient’affatto. Da allora l’atto costitutivo dell’ARO non ha avuto vita facile, tanto che dopo essere stato iscritto all’ordine del giorno in ben due consigli comunali (2 e 9 luglio) non è stato mai discusso.
Dopo gli esiti del consiglio di lunedì 19 agosto, l’ARO BAT 2 avrebbe dovuto essere, secondo la delibera di giunta regionale n. 957, già tecnicamente commissariato. La stessa, pubblicata sul BURP n. 80 l’undici giugno 2013, lasciava agli ARO venti giorni per costituirsi e trenta per trasmettere gli atti in Regione. Il 19 agosto eravamo già abbondantemente fuori, essendo passati circa due mesi. Ma come mai il commissario ad acta non era stato ancora nominato? Solo uno in più dei tanti misteri che avvolgono questa paradossale vicenda. Stranezze e incongruenze che nascono già con la legge regionale n. 24, poi corretta con la 42, dove all’art. 10 comma 2 si legge chiaramente: “Le funzioni relative all’erogazione dei servizi di spazzamento, raccolta e trasporto sono svolte dagli enti locali rientranti nel perimetro degli ARO, a condizione che detti enti siano costituiti in Unione di comuni ovvero abbiano specificatamente disciplinato l’attività di settore mediante convenzione”.
Il diavolo come al solito è nei dettagli, e il dettaglio del comma 2 non è di poco conto, in questo la Regione ha le sue responsabilità. Se diamo un occhio alle date, scopriamo, ad esempio, che la legge 24 è del 20 agosto 2012, modificata dalla 42 del 13 dicembre 2012. Ma il 6 luglio del 2012 il Governo Monti aveva approvato un decreto legge – il n. 95 per la precisione – che all’art. 9 comma 6 prescriveva: “E’ fatto divieto agli enti locali di istituire enti, agenzie e organismi comunque denominati e di qualsiasi natura giuridica, che esercitino una o più’ funzioni fondamentali e funzioni amministrative loro conferite ai sensi dell’articolo 118, della Costituzione”.
Le due leggi regionali sono successive al decreto nazionale, detto anche della spending-review, a modifica una dell’altra, e non si capisce come mai i tecnici della Regione non abbiano modificato la legge 24, visto che il decreto nazionale prevedeva disposizioni in contrasto con quelle locali, e la costituzione di una unione dei Comuni rappresenta proprio un caso tassativamente proibito da quest’ultimo, rappresentando un nuovo ente a tutti gli effetti.
In Regione qualcuno sembra accorgersene più in là, ma senza particolari clamori, allorquando dovendo approvare una bozza di convenzione con la delibera n. 2877 del 20 dicembre 2012, qualche solerte funzionario riporta nell’allegato: “I Comuni rientranti nel medesimo ARO, nel rispetto delle perimetrazioni definite con DGR 2147/2012, possono associarsi mediante Unione o convenzione di cui all’art. 30 del TUEL, in ottemperanza all’art. 10 comma 2 della 24/2012 e ss.mm.ii. Tuttavia tenuto conto di quanto disposto dall’art. 19 comma 6 del L. 135/2012, nel quale si pone il divieto agli Enti Locali di costituire nuovi enti, la convenzione rimarrebbe verosimilmente opzione più probabile”.
Parte dei guai del Comune di Canosa nascono da questa irrisolta contraddizione. Non per niente, sindaco ed assessore si sono trovati di traverso proprio il Segretario generale ed i revisori dei conti, i quali hanno negato il loro parere positivo proprio in ragione di una presunta violazione di legge e di un aggravio finanziario inevitabile per l’Ente, quantunque si fossero tutti prodigati a riportare nello statuto che i membri della giunta, del consiglio ed il presidente dell’Unione avrebbero lavorato gratis.
La Regione cerca ancora di venirgli incontro con un assist un tantino raffazzonato. E’ il dott. Campobasso, dirigente del Servizio Ciclo dei Rifiuti e Bonifica, a porgere alcuni chiarimenti in merito ai rilievi posti da revisori dei conti e segretario generale. Lo fa con un chiarimento del 29 luglio, con il quale “ritiene legittimo il ricorso, da parte dei Comuni dell’ARO 2/BT, all’istituto dell’Unione dei Comuni”, evidenziando che l’art. 32 del TUEL “al comma 5 dispone le modalità di gestione del personale sia a breve termine che a regime, perseguendo in tal modo il contenimento della spesa in materia”. Proseguendo in questa sorta di slalom tra decreti, leggi nazionali e regionali aggiunge “si precisa che la DGR 2877/2012 ha di fatto codificato il modello organizzativo e gestionale dell’ARO in uno schema di convenzione, ritenuta dalla Giunta Regionale l’opzione più probabile, viste le disposizioni nazionali in tema di contenimento della spesa pubblica (art. 9 c. 6 L. n. 135/2012). Pertanto, tale deliberazione non esclude la possibilità che i Comuni ricorrano all’Unione dei Comuni, in ottemperanza alla L.R. 24/2012”, purché - si raccomandano più in là – “si adottino tutte le misure utili e necessarie a scongiurare l’introduzione di costi aggiuntivi a carico dei Comuni associati nell’esercizio delle funzioni”. Ma la legge nazionale parla chiaro e prevede in maniera tassativa che non si possono costituire nuovi enti al di là dell’eventuale costo, evidentemente ritenuto implicito. Il fatto che qualcuno debba prodigarsi per evitare aggravi fa parte delle eventualità che, evidentemente, non possono essere scongiurate a priori.
Mentre revisori e segretario generale non sono affatto convinti della possibilità che l’Unione sia realizzabile, nonostante le interpretazioni dei dirigenti della Regione, direttore dell’Ufficio tecnico e direttore della Ragioneria sostanzialmente non obiettano alcunché. Ma il capitolo dei problemi politici è ben più vasto e articolato e affonda le sue origini proprio in quello che è accaduto un anno fa.

E’ bene precisare che con l’Unione dei Comuni si opera un vero e proprio trasferimento di autorità, e lo si fa in toto, non ultimo l’aspetto finanziario. Premesso che nei bilanci dei Comuni l’incasso da TARSU corrisponde a quasi il 40% delle entrate correnti che l’Ente riscuote autonomamente, e che la TARSU, insieme all’IMU, rappresenta una importante forma di tassazione locale, è comprensibile il portato politico di una scelta di tale rilevanza. I cittadini mal tollerano che i loro soldi vengano dilapidati o che ad amministrarli siano altri rispetto a quelli che hanno conosciuto in campagna elettorale. Con l’Unione, invece, tutto si demanda ad un ente terzo. Certo, i sindaci ne sono membri di diritto, fanno parte della giunta e del consiglio dell’Unione, ma appare lapalissiano che il loro ruolo è comunque ridimensionato rispetto a quello che eserciterebbero se fossero dei plenipotenziari.
Gli amministratori canosini dovrebbero averlo ben chiaro, se non altro per l’esperienza che si son fatti dall’avvio della gestione associata della raccolta rifiuti. A parte i risultati nella differenziata, sindaco e assessori si sono resi conto della farraginosità dell’ARO quando si è trattato di individuare responsabilità o correggere errori, con una difficoltà oggettiva burocratica anche per avere un’interlocuzione con l’azienda incaricata, passando obbligatoriamente per ATO e impresa capofila.
Ma dalle parti dell’Amministrazione qualcuno deve averlo dimenticato, specie chi era interessato in maniera più diretta al problema; anzi, sembrerebbe che intorno alla materia si sia creata una stranissima sintonia tra esponenti locali del centrodestra e pezzi importanti della sinistra. Una forma di neo-consociativismo alquanto sospetto.
L’assessore Basile, ad esempio, ha curato la pratica fin dall’inizio. Sulle prime ha propeso per la convenzione, una forma molto meno impegnativa di collaborazione nella quale i Comuni conservano intatte le proprie prerogative; dopo, invece, si è convertito alla bontà dell’Unione, perché Andria ha voluto così, nonostante l’assessore Basile così scrivesse in un comunicato stampa del 3 aprile 2013, di risposta ad un cittadino che si lamentava del nuovo servizio: “appare doveroso rilevare che il Servizio di Igiene Urbana in corso, avviato nel nostro Comune lo scorso primo settembre, rinviene da una gara attivata dal “Consorzio ATO Rifiuti Bacino BA/1”. Il contratto del Servizio è stato sottoscritto dal Dirigente Tecnico del Consorzio, che è il responsabile del procedimento, mentre la Direzione dell’Esecuzione del medesimo contratto è di competenza del Dirigente Amministrativo del Consorzio citato. Da ciò già si evince, in maniera evidente, che né il Comune di Canosa di Puglia e né l’attuale Amministrazione comunale hanno proceduto all’aggiudicazione e alla valutazione del progetto proposto dall’Associazione Temporanea di Impresa (ATI) Sangalli-Ecolife che si è aggiudicata la gara. L’aggiudicazione stessa, effettuata mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e con la conseguente valutazione dei progetti proposti dalle ditte partecipanti, è stata infatti condotta direttamente dal Consorzio ATO Rifiuti Bacino BA/1, in qualità di Stazione Appaltante ed Ente cui sono devolute, per legge, le competenze in materia di rifiuti dei Comuni che si consorziano in ATO”.
Una doverosa premessa, un mettere le mani avanti con incorporata critica, nemmeno tanto velata, alle scelte compiute da qualcuno in passato. Un po’ come dire “se fosse dipeso da noi tutto questo non sarebbe accaduto”, a cui seguono le dovute dichiarazioni di impotenza: “il Comune non può irrogare direttamente sanzioni all’Appaltatore in caso di mancato espletamento dei servizi inclusi nel Capitolato né tanto meno l’Amministrazione comunale può apportare autonomamente modifiche al Servizio già contrattualizzato da un altro Ente (ovvero l’ATO). Di conseguenza, “l’assessore alla nettezza urbana” non può di certo eliminare di sua iniziativa e in maniera autonoma lo spazzamento meccanizzato reintroducendo quello manuale”. E se questo è accaduto con la sola costituzione di un ARO senza che venissero intaccati i poteri dei Comuni, figuriamoci che cosa accadrà quando non saranno più i Comuni ad essere interessati direttamente al problema.

Ma oltre ai problemi politici in senso stretto, esistono anche questioni legate ad aspetti finanziari di non poco conto. Già accennammo in passato alle discrasie riscontrate nel bilancio del Comune di Andria sul capitolo della gestione rifiuti. Da allora la situazione non è affatto migliorata e il redigendo Statuto dell’Unione è molto vago sulla partita contabile, specie quella dei residui. Esso prevede all’art. 3 che l’Unione subentri “in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi, in essere alla data della sua costituzione, inerenti le funzioni, le attività, ed i servizi ad essa affidati”, e, all’art. 20, che l’Unione “ha potestà regolamentare per disciplinare l’organizzazione, il funzionamento e le modalità di svolgimento delle funzioni e dei servizi affidati, e i rapporti finanziari con i Comuni partecipanti”. Da un’analisi dei rendiconti dei comuni di Andria e di Canosa dell’anno 2012, si scopre, ad esempio, che il capitolo delle prestazioni di servizio in materia di trattamento dei rifiuti solidi urbani è fortemente deficitario per il Comune di Andria. Solo nell’anno di competenza, a fronte di impegni presi per 11.892.276,32 €, Andria ne ha saldati 2.674.435,14. Sappiamo benissimo che la nuova gestione Sangalli è partita solo a settembre 2012, ma non è chiaro, e lo Statuto non lo specifica, se tra i rapporti giuridici in essere non ci siano anche quelli con prestatori di servizio che attendono ancora di essere pagati, visto che il loro rapporto con l’Ente non si può definire del tutto estinto. Se così fosse, l’Unione si ritroverebbe oberata già di una buona messe di debiti, visto che sul servizio 1.09.05 (smaltimento rifiuti) il Comune di Andria ha già cumulato residui passivi totali per 16.935.469,44 €, di cui - per prestazioni di servizio - 9.217.841,18 € solo nel 2012, e 7.579.847,69 € degli anni precedenti. In attesa che i tecnici forniscano le dovute rassicurazioni che il pregresso rimanga al di fuori dei bilanci dell’Unione, non possiamo certo dormire sonni tranquilli se le prestazioni ordinarie del Comune più grande, con il maggior numero di consiglieri in seno all’Unione e che esprimerà, con tutta probabilità, anche il suo presidente, sono queste, soprattutto se si osservano i dati delle entrate e li si mette in relazione all’art. 15 dello Statuto, all’ultimo capoverso, che sanziona i Comuni in ritardo con i versamenti, applicando gli interessi nella misura prevista dall’art. 1224 del Codice Civile.
Il Comune di Andria, per dirne una, nel 2012 ha incassato dalla TARSU effettivamente 6.968.753,44 € a fronte di accertamenti per 11.728.337 €. In realtà anche Canosa si è mantenuta nell’anno nella stessa percentuale di riscossione, se non minore (1.608.460,99 € su 3.220.626,16), ma dai residui Canosa ricava 1.128.258,68 € su 2.233.163,06 di vecchi residui attivi totali; Andria riesce solo a farsi pagare 1.792.739,48 € su un montante di residui attivi totali pregressi da TARSU di 9.163.173 €.
Esiste una scuola di chi ritiene che tutto ciò non rappresenti un problema. In realtà, stando allo statuto così come è stato preparato, nessun tecnico o revisore dei conti sarebbe disposto a scommettere un solo euro che contenga clausole di salvaguardia contro l’eventualità che un comune grande e indebitato come Andria, possa utilizzare il nuovo ente come “bad company” su cui scaricare una quantità non indifferente di residui, o di scorie se preferite. Un revisore dei conti ha affermato che in teoria non dovrebbe essere così, ma, allo stato, non è in grado di escluderlo nella maniera più categorica.
Di sicuro, dietro questo affaire apparentemente innocuo si sta muovendo qualcosa di grosso e di strano insieme, sennò non sarebbe spiegabile come mai alcuni esponenti del Partito Democratico siano particolarmente interessati all’approvazione della delibera, mentre altri ne sono contrari; così come appare strano che nessuno dei sostenitori sappia produrre motivazioni convincenti, a parte la retorica di Francè stranamente alleato su questo fronte. Cos’altro ci sia non è noto, ma stando alle cose sembrerebbe che qualcuno sia intenzionato a salvare le penne a Giorgino.

Sabino Saccinto

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Pubblicato il 27/09/2013 h 15:32:20
Modificato il 03/01/2014 h 16:03:57

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