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Giorgio Ambrosoli

Angelo Vassallo

Il diversamente intelligente

Fantapolitica vers. 3 Bilancio previsionale, opere pubbliche, museo archeologico, San Giorgio Village, derivati e abusivismo commerciale. Tutto in un’unica seduta del Consiglio comunale. Incredibile, ma vero. E’ accaduto il 29 aprile in quel di Canosa. Attore principale: Francè.
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Fantapolitica vers. 3 Il Consiglio comunale del 29 aprile (dedicato all’approvazione del bilancio previsionale del 2010, al programma triennale delle opere pubbliche e a ben altri cinque o sei punti) non è stato deludente sotto il piano spettacolare, consegnando alla storia performance che rimarranno agli annali.
La frase con la quale si potrebbe fare un titolo è del nostro sindaco (Francè per gli amici). Pronunciandola ha inteso stigmatizzare un’intrusione del capogruppo PD Gianni Quinto che aveva osato chiedergli (a proposito del piano triennale delle opere pubbliche) come mai alcune grandi irrealizzate fossero scomparse dal corposo elenco che pur l’Amministrazione ogni anno presenta. Risposta secca del Primo cittadino: le opere già aggiudicate spariscono per legge da quell’elenco . Controreplica del capogruppo: ma dove finiscono se poi le perdiamo di vista? Pronta la risposta di Francè: non dovete chiederlo al sindaco, ma ai dirigenti. Noi programmiamo, loro poi gestiscono. Noi amministriamo, non gestiamo . Grandioso. James Bond, con il suo Martini con Vodka agitato, non sbattuto, non avrebbe saputo essere più eloquente in quanto ad ambiguità. Con la differenza che l’agente 007 le missioni le portava tutte a termine ricorrendo quasi sempre a modi spicci, Francè, al contrario, si mostra stranamente pavido, ad esempio quando, sempre dall’opposizione, gli chiedono conto di certi stranissimi ritardi ad interrogazioni scritte dei consiglieri. Dovrebbero rispondere in trenta giorni, ma alcune giacciono su polverose scrivanie da almeno sei mesi. Ovviamente la colpa non è sua. Francè amministra, non gestisce. Né riesce ad essere più convincente il Segretario comunale quando, costretto ad intervenire, ammette seraficamente che nessuna sanzione è prevista per i dirigenti per le risposte che non arrivano per tempo. Superbo. Si stabilisce una regola, ma non si prevede una sanzione. Se tutto funzionasse così, saremmo nel regno del così è se vi pare.
Giustamente il centrista Merafina argomenta quasi scandalizzato con un sillogismo: se l’efficienza di un ufficio la si giudica dal numero di pratiche evase, e la risposta ad un consigliere rientrerebbe in questa fattispecie, come mai allora i dirigenti comunali stanno tutti al top del punteggio se di evaderle spesso se ne dimenticano? Sarebbe interessante conoscere l’opinione di Brunetta sull’argomento, noto ministro del ramo del PDL che della lotta ai fannulloni ha fatto una bandiera. Ma Francè non appare affatto scosso, annuncia perfino che anche lui presenterà interrogazioni per sapere che fine fanno le interrogazioni. Siamo al paradosso.

Le opere pubbliche

E’ il piatto forte del Nostro. E’ il campo dove meglio si saldano sogno e parvenza di realtà. Non che Francè qualcosa negli anni non l’abbia fatta, tutt’altro. Il capitolo delle opere pubbliche senz’altro è quello che gli ha dato le migliori soddisfazioni elettorali, almeno fino a quando non son mancati i soldi per realizzarle. Ma da qualche anno a questa parte, la verve del sindaco sta mostrando pericolosamente la corda. Lo chiamano piano triennale delle opere. Logica vorrebbe che lo si presentasse il primo anno e nei successivi si fornissero semplicemente informazioni sullo stato dell’arte. Ovviamente così non è, ancora una volta prevale la furbizia. Il piano delle opere viene presentato ogni anno come triennale e tutti perdono la bussola: non sanno, ad esempio, se quella mitica strada di cui non si è mai visto un progetto, che unisce la via di Barletta alla Zona 167, in quanti piani triennali è comparsa senza che sia stata mai messa in cantiere. La sensazione che quel piano non sia altro che una sorta di libro dei sogni che si rinnova di anno in anno senza mai giungere a concretizzazione, è forte. Ormai quel punto all’ordine del giorno è un po’ come la litania dei santi, perenne ed immutabile.
Ma a volte la fantasia di Francè raggiunge limiti inesplorati. Così come Gasparri allungava il vino del SIC alla maniera degli osti quando approfittano di avventori già brilli, Francè amplia il suo elenco con progetti dove il pubblico concede qualcosina ed il privato fa il resto mettendoci i soldi. Francè è bravissimo nel far credere che il vero affare l’ha fatto il Comune, nell’invertire la realtà e far passare per beoti, o per polli disposti a farsi spennare, quegli imprenditori che accettano di investire. Nel loro piano è scritto che la zona dei Capannoni dovrà essere trasformata e che quelle costruzioni ancora abitate dovranno essere tutte abbattute per lasciare spazio a nuovi, funzionali palazzi. Sull’argomento non è obbligatorio essere d’accordo col sindaco. Io personalmente sono legato da molti ricordi e da qualche affetto a quelle vecchie casette di pochi metri quadrati che rappresentano un pezzo della nostra storia e che avrei visto meglio se recuperate. Ma l’idea di Francè è un’altra: abbattere per ricostruire a costo zero per il Comune, riservare più spazio ai fabbricati occupando le strade, concedere un appartamento al vecchio occupante e far vendere al privato i restanti. Un meccanismo tutto sommato collaudato. Da sempre i costruttori ripagano i proprietari del suolo concedendo un appartamento o forse due. Che male ci sarebbe? E’ l’economia, bellezza. E modestamente Francè homo economicus lo è. Solo che l’operazione Capannoni al momento è da ritenersi sospesa. La crisi morde, buona parte degli imprenditori edili sono impegnati altrove e non riescono a vendere le case che già hanno costruito. Ma il Nostro non dimentica mai gli amici e gli amici degli amici. Tra un Palazzetto dello sport comunale che avrebbe bisogno di più di un intervento - tanto che ci piove dentro - gestito da un gruppo poco allineato e vagamente riottoso, e i campetti di Via della Murgetta tutto sommato in stato non proprio pessimo ma affidato a suoi noti elettori, Francè non ha dubbi e non deve spogliare la margherita più di tanto. A chi vanno i 60 mila euro? A noi, ovviamente, ovvero ai campetti.

Il Museo archeologico

E’ ormai un’ossessione. Francè non riesce a mandarla giù e così nel suo show-down in aula consiliare non potevano mancare corposi riferimenti alla ormai arcinota struttura, seppur più agognata che progettata. Nata da uno stanziamento previsto per i 150 anni dell’Unità d’Italia, via via si è snaturata. Ultimo coup de theatre fu quando decise, da presidente della provincia, che sarebbe stata la BAT a doverlo finanziare, e non pochi ne ebbero a male, visto che la fetta maggioritaria del bilancio per le opere pubbliche finiva alla città del Presidente e che costruire musei non rientrava nell’ordinaria attività e competenze dell’ente, per di più di nuova costituzione, con un assetto finanziario ancora tutto da definire e con un consiglio a rischio scioglimento per effetto di un’indagine della Corte dei Conti sulla mancata approvazione del bilancio previsionale del 2009. Ma Francè è un essere poliedrico e non privo di fantasia. L’invenzione di questi giorni è un finanziamento che giungerebbe (non è chiaro in quanta parte) addirittura dal Ministero dell’Ambiente della sicula Prestigiacomo. E come c’entrerebbe un museo, che dovrebbe rientrare tra le competenze del ministro Bondi piuttosto, con il dicastero della Prestigiacomo? L’inventiva di Francè rischia perfino di far impallidire la creatività di Tremonti. Lui riferisce in aula che il nuovo museo sarà costruito tenendo conto di tutta la tecnologia più avanzata in fatto di risparmio energetico, e questo dovrebbe essere sufficiente a garantirgli il nulla osta del Ministero dell’Ambiente, ma non è chiaro se esistono già leggi in materia, se ne verranno promulgate di nuove, magari ad Francescum, o se si tratta di uno stato allucinatorio. Si spera che il tutto non si risolva come un’altra grande idea del Nostro, quella di dotare tutti gli uffici pubblici di una batteria al gran completo di pannelli solari che avrebbero dovuto garantire una certa indipendenza energetica. Di loro non abbiamo avuto notizie, né il Nostro si è peritato di farcele avere. Oppure, anche in questo caso Francè ha esaurito il suo compito. Non è stato lui a dire che il sindaco amministra, non gestisce? Ma gli stupefacenti effetti speciali del nostro sindaco non finiscono qui. Ne sa davvero una più del diavolo, tanto da lasciare incantati anche quei cinque o sei consiglieri che ancora osano profferire parola per contraddirlo. Si inventa una formula finanziaria fino a quel momento sconosciuta, per edificare il nuovo museo: il leasing costruendo. Il termine è di quelli che mettono apprensione. Lui ne decanta le lodi e alla fine conclude che conviene. Si tratta di una nuova procedura scritta nella Legge Finanziaria 2007 e recepita successivamente dal codice per gli appalti pubblici. Consente, in pratica, alla Pubblica Amministrazione, di costruire opere pubbliche facendo anticipare i soldi ad una società di leasing, la quale è responsabile della realizzazione fino al suo collaudo, dopodiché la Pubblica Amministrazione provvederà ad erogare verso il finanziatore un canone stabilito che potrà avere una doppia valenza: rata se l’ente intenderà riscattare l’opera, semplice canone, se l’opera rimarrà al suo finanziatore. Il consigliere Lilli Di Fazio ha osservato che sarebbe un modo per scaricare su amministrazioni future opere iniziate anni prima: anticipare i consensi politici e posticipare gli oneri. Il sindaco ha replicato con una battuta: il problema non si porrà per il Centro-Sinistra, in quanto sarà il Centro-Destra a governare anche quando l’opera sarà ultimata . Rimane una domanda semplice semplice. Se il museo verrà pagato a rate dopo che la società che avrà avuto la bontà di accollarsi la spesa l'avrà realizzato, perché mai oggi, in maniera così affannosa, Francè va alla ricerca dei fondi? Delle due l’una, se lo farà con il leasing costruendo non è necessario trovarli adesso, se invece servono subito, è molto strano che si inventi un leasing.

Il San Giorgio Village

Per qualche opera che viene, qualche altra se ne va. Il caso del San Giorgio Village è emblematico. E’ il capogruppo Quinto a stuzzicarlo, beccandosi una reazione chiaramente al di spora delle righe. Si va a riesumare un vecchio numero del “Canosa informa”, un foglio edito da una struttura comunale e redatto dall’Ufficio stampa del sindaco, che dietro l’anonimo titolo che farebbe pensare ad un bollettino semplicemente divulgativo, tradisce chiaramente intenzioni propagandistiche. Solo che questa volta Francè si lascia andare ad un’altra delle sue ormai mitiche boutade. Disconosce una frase pubblicata, sicuramente da lui autorizzata se non addirittura suggerita, sui tempi di realizzazione del San Giorgio Village. Si parlava di un paio di anni dalla posa della prima pietra, ma si forniva comunque una scadenza, anche se il “Canosa informa” non la riportava. Il punto è che quelle scadenze sono state tutte ampiamente disattese ed al momento i venditori di fumo di Palazzo di Città non hanno ancora chiaro bene quando si partirà con questo benedetto parco dei divertimenti. Ma per Francè la colpa non è della sua amministrazione. Lui amministra, non gestisce, ed in questo caso chi avrebbe dovuto gestire è un soggetto terzo, un privato, un non si sa bene cosa; come non è chiaro a nessuno (forse nemmeno a Francè) da dove questi privati dovrebbero prendere i soldi, così come nessuno sa come farebbero a trovarli in periodi così bui.
Francè, ovviamente, sa molte più cose di quelle che dice e la questione del San Giorgio Village è legata a filo doppio con una voce del bilancio comunale, lì dove a sorpresa si scopre che il gettito dell’ICI, che dopo gli ultimi interventi del Governo di Papi si sarebbe dovuto contrarre, miracolosamente aumenta, e non solo, potrebbe essere addirittura più consistente se venissero annullate tutte le sofferenze, ovvero risanate le morosità. Come mai? Nessuno lo spiega e tutti si limitano a prenderne atto, una sorta di mistero buffo. Ma, di sicuro, l’operazione che nel 2009 portò a considerare aree edificabili tutti i terreni agricoli ricadenti in Contrada S. Giorgio e Cupolone, innalzando di fatto le rendite e, di conseguenza, anche le tasse, un’ottima influenza l’ha avuta in questo strano fenomeno. Tanto che a rimanere turlupinati sono stati i proprietari dei terreni, semplici agricoltori o speculatori che avevano fiutato per tempo l’affare. Sono tuttora in attesa di un rogito che sembra non perfezionarsi più. E questa sarebbe un’altra storia da raccontare, una di quelle che a Francè provocano strane amnesie, mentre la memoria diventa potente quando il Nostro deve sciorinare numeri, cifre, tutte che disegnano un quadro senza difetti, almeno per come lo descrive lui.

Il Comune virtuoso

Francè sostiene, ad esempio, che il Comune di Canosa sarebbe da annoverare tra quelli virtuosi, grazie a lui ovviamente, per come tiene i conti, anche se, si capisce bene, quel patto di stabilità lo viva come una gabbia e probabilmente non l’hanno nemmeno rispettato, aggiunge solo che, per come sono messi certi parametri, potremmo anche indebitarci tre volte di più rispetto a quanto già lo siamo, rimanendo comunque negli standard. Non fa minimamente una grinza quando Lilli Di Fazio gli ricorda che il maggior contribuente del Comune è la ditta Bleu che paga le royalty per le discariche, anche se, secondo certe voci, risulterebbero non incassate alcune rate, come si evince dalle carte. Ma il sindaco ha una risposta a tutto. Non è vero, è un fenomeno di strabismo contabile, un fatto tecnico, naturale, legato alla differenza temporale tra quando vengono redatti i bilanci e quando in realtà la Bleu paga. Ma gli ammanchi, di cassa o di contabilità, riguarderebbero anche un altro soggetto economico solitamente molto attivo a suo favore durante le campagne elettorali: la società sportiva che gestisce i campetti. Viene chiesto: ci risulta che anche da quelle parti qualcuno non paghi l’affitto . Il Nostro minimizza. Non è vero, o meglio è vero in parte. Francè riferisce che mancherebbero all’appello circa sei mesi di fitto, ma riguardano un contenzioso aperto fra i due soggetti. Il Comune vorrebbe che la società sportiva iniziasse a pagare dal momento in cui si è perfezionato il contratto, l’imprenditore sostiene invece di non dover nulla per il periodo in cui gli impianti non erano ancora stati collaudati. La domanda sorge spontanea: ma perché mai un ente pubblico sottoscrive, molto probabilmente a trattativa privata, un contratto per lo sfruttamento di un bene che ancora non è completamente nelle sue disponibilità? E perché quel soggetto economico accetta di formalizzare un accordo su un oggetto che ancora non esiste compiutamente? Forse entrambi avevano molta fretta.

I derivati

Come molti già sanno, anche il Comune di Canosa si finanzia con i derivati, ovvero con quei marchingegni finanziari ritenuti oggetti estremamente pericolosi da maneggiare. Che sia materiale incendiario lo abbiamo appreso in più di una circostanza dai giornali e da trasmissioni di approfondimento politico. Ma il genio di Francè in questo campo si manifesta più che altrove. I derivati canosini, infatti, non producono perdite incolmabili, ma addirittura guadagni: le scommesse che sottendono, le nostre menti finanziarie le hanno vinte tutte. Sarà professionalità da cinicissimi agenti di Wall Street o fortuna spacciata? Non si sa. Sta di fatto che questa volta i revisori contabili, all’unanimità, hanno consigliato, come già accaduto tempo fa con Giuseppe Cioce, di scendere dalla giostra e rescindere i contratti. Consiglio puntualmente inascoltato. Sia il Nostro che il Segretario comunale hanno assicurata che non c’è pericolo e qualora se ne dovesse intravedere l’ombra, si farebbe in tempo a mandare tutto all’aria prima che qualcuno tenti di passare all’incasso.
L’argomento è sensibile, tanto da indurre il consigliere Buono - fino ad allora impegnato nella lettura di un fascicolo, distolta solo dal dirsi favorevole a tutti i punti portati in votazione dalla maggioranza – ad avanzare la domanda dei sette pugnali: sulla base di cosa i revisori contabili consigliano di uscire? Quesito evidentemente capzioso. Probabilmente si attendeva un’analisi finanziaria dettagliata, proiezioni a breve e medio termine, grafici, tabelle e quant’altro. Invece il dott. Lemma risponde candidamente: solo un fatto prudenziale . Da quanto si capisce, sembrerebbe che la scommessa potrebbe essere persa per il Comune se i tassi d’interesse dovessero improvvisamente impennarsi. Probabilità data per remota. Bontà loro.

Abusivismo commerciale

Per chi ha militato nelle fila di AN, già MSI, assistere a quanto il sindaco poliziotto svogliato afferma in materia di abusivismo commerciale, deve essere stato quantomeno imbarazzante, ammesso che l’imbarazzo possa ritenersi una categoria dello spirito ancora praticabile da quelle parti. La Destra non ha mai rappresentato il luogo politico ideale per quelli come me, ma almeno era possibile riconoscere in loro un qualche senso dello Stato e della legge, e raramente lo ponevano in discussione; contrariamente agli spiriti liberi sinistrorsi che hanno sempre ritenuto la legge un’imposizione dal più forte, spesso a suo uso e consumo.
I tempi son cambiati e la Destra sembra in preda ad autentica rivoluzione culturale. La discussione - altra parola grossa per quel che accade in aula consiliare - sull’abusivismo commerciale ne è un plastico esempio. Se un pregiudicato, o un personaggio in odore di illegalità, mette su una bancarella per vendere frutta e verdura, non possedendo una regolare licenza ed occupando per di più spazi pubblici, altrove verrebbe trattato semplicemente alla stregua di un banale problema di ordine pubblico e lo si regolerebbe attraverso le vie ordinarie. Da noi non è così. Il fatto diventa una questione sociologica, forse antropologica. In assoluto, un problema politico da prendere con le pinze, affrontare con i metodi della mediazione (possibilmente scendendo a compromessi) e con i dovuti distinguo. Tutti tengono famiglia, anche se regolarmente piangono e fottono (scusate il termine) senza che qualcuno degli interessati non sia privo di adeguati patrocini politici.
Basterebbero da soli i Vigili urbani a far desistere i riottosi dall’occupare i pubblici marciapiedi senza scatenare una mezza rivolta? Francè sostiene di no. Se il sindaco usa il pugno di ferro e poi qualcuno dei clienti del “fruttarolo” prende le difese del momentaneo perseguitato e gli ricorda che tra il subire un ipotetico danno patrimoniale personale ed un sicuro piccolo torto pubblico, lui preferisce sempre e comunque il non aver ladri in casa, è chiaro che siam finiti in un pericoloso cul de sac, dove può accadere tutto ed il suo contrario, facendo venir meno il concetto minimo di legalità. Perché a quel punto potrebbe essere molto più conveniente per tutti i commercianti, assumere atteggiamenti poco in linea con leggi e regolamenti, creando un imbarazzo serio tra chi poi verrebbe chiamato a sanzionarli.
La Destra di una volta sull’argomento aveva poche idee ma molto chiare. Quella di Francè è una sorta di ameba che si adatta a tutte le condizioni e convenienze, passando dall’intransigenza assoluta all’estrema flessibilità.

Pubblicato il 03.05.10 h 22:05
Modificato il 04.05.10 h 13:34

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