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L’autoassoluzione della Casta


Giorgio Ambrosoli
Condannati a 8 mesi in primo grado sindaco ed assessori per abuso d’ufficio in seguito ad un’inchiesta avviata anni fa dalla Procura di Trani. Nulla cambia a livello politico, nessuno chiede le dimissioni e qualcuno gli rinnova perfino la fiducia. Ma è possibile che ad una condanna penale dei politici per atti non estranei alla loro attività, non segua mai una condanna morale? La Casta si autoassolve.
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Stamane, il giorno dopo Santo Stefano, si è tenuto un consiglio comunale in cui il Sindaco ha tenuto ad esprimere qualche suo parere personalissimo sulla vicenda che lo ha visto come protagonista, ovvero quella di una condanna a otto mesi per abuso d’ufficio per sé e per qualche influente assessore dell’epoca, nonché per un dirigente comunale e per altri personaggi che dirigevano una cooperativa organizzatrice di eventi.
Chi si aspettava qualcosa di estremamente movimentato, sarà rimasto deluso; chi pensava che la condanna in primo grado potesse costituire motivo di dimissioni, può stare tranquillo: non ce ne saranno, a meno di altri eventi che dovrebbero consigliarle per questioni di convenienza piuttosto che di opportunità.
La tesi difensiva del Sindaco è quella già nota ed esposta in occasione del suo rinvio a giudizio circa un anno fa (anche in quell'occasione si spese in pubbliche dichiarazioni); secondo la corrente ventoliana del pensiero giuridico, l’abuso d’ufficio sarebbe un reato scivolosissimo in cui ogni amministratore pubblico potrebbe ricadere nell’esercizio della sua normale funzione e senza che ci sia un particolare dolo da parte dello stesso, una sorta di buccia di banana sempre in agguato di sindaci, assessori e quant’altri.
Già all’epoca ricordo che osservai, dal forum di Canosaweb (post non promosso agli onori della prima pagina), che quanto affermava il Sindaco era vero fino a qualche anno prima, ma che le parti di legge che lo riguardavano erano state modificate proprio per far fronte a quell’osservazione (fatta già da altri) e che, nell’attuale formulazione, chi viene accusato di tale reato molto probabilmente qualcosa di illecito lo ha commesso.
In realtà, a parte la retorica e le facili demagogie, il racconto dei fatti è sempre e comunque molto più convincente ed efficace di mille arringhe e requisitorie, tant’è che di fatti nella loro essenza e nudità in questa storia non si parla; per cui volendoli ricostruire, dobbiamo fare necessariamente mente locale su quanto i giornali hanno raccontato e metterli in fila uno per uno.
L’inchiesta, come è noto, si riferisce alle attività ricreative che la vecchia amministrazione ha promosso nell’arco delle estati canosine. In particolare si è ipotizzato il reato che l’affidamento ad una cooperativa costituitasi proprio in quegli anni e gestita da Angelo Casamassima, fratello dell’allora ed attuale Assessore alla Cultura, Nicola Casamassima, fosse non ispirata da ordinari principi di buona amministrazione, ma dall’idea deliberata di favorire un soggetto privato. Tali affidamenti non seguivano l’iter del concorso pubblico, ma quello molto più discrezionale dell’affidamento privato, del resto i concorsi pubblici sono molto rari nell’era dell’Amministrazione Ventola. In parole correnti diremmo che secondo i giudici, si era costituito una sorta di comitato di gestione degli avvenimenti festaioli in cui i soldi che il Comune spendeva, non finivano in gare di appalto al miglior offerente, ma sempre agli stessi soggetti (una cooperativa) che aveva assunto il monopolio di tali attività, un modo per lasciare che i proventi derivati da certe manifestazioni rimanessero all’interno di un circuito precostituito.
Gli elementi di accusa portati a prova di tali reati, sono state le delibere stesse della Giunta municipale con le quali si procedeva alle assegnazioni, ritenute viziate, nell’ordine, dai pubblici ministeri, dal Giudice per l’Udienza preliminare e da quelli del tribunale di primo grado. Capite bene che si è trattato di indagini al minimo, in cui si è operato essenzialmente sul frutto del deliberato amministrativo per il reato di abuso d’ufficio, congiuntamente a quello di falso ideologico (non sussistente secondo il primo grado di giudizio). Per intenderci, quelle a cui hanno fatto seguito tali sentenze non sono indagini particolarmente complesse o sofisticate, con intercettazioni ambientali, telefoniche o telematiche. Non c’è stato dispendio di energie investigative. Il tutto si è consumato (stando a quello che ci viene riferito dai giornali) sulla base di documenti ufficiali, tanto che l’Assessore Casamassima non è stato nemmeno sfiorato dalle indagini, visto che negli atti non sono presenti sue firme, ed al momento delle discussioni in giunta era fisicamente assente.

Si può parlare di terremoto politico? Se c’è stato, sicuramente la scossa non è stata forte e sarebbe francamente un’ipocrisia affermare che eventi come questi abbiano una qualche rilevanza nella nostra città.
L’inchiesta non è, come sostiene il Sindaco, recente, ma afferisce a fatti molto vecchi. La notizia che fosse aperto un procedimento penale verso il sindaco e mezza amministrazione, è antecedente addirittura al Giugno 2007, data in cui si è votato ed il Ventola è stato riconfermato con una maggioranza imbarazzante superiore al 70%. Ma già allora i fatti erano noti, ed evidentemente chi ha voluto rinnovargli la fiducia non deve essersi posto più di tanto il problema. D’altronde anche la notizia del rinvio a giudizio non deve aver scosso l’opinione pubblica, visto che ad una sia pur flebile richiesta di dimissioni da parte di nemmeno tutta l’opposizione, non solo fu opposto un netto rifiuto, ma addirittura si passò alla critica pesante di quanti speculassero sulle disgrazie giudiziarie. E sì, perché da un po’ di tempo in Italia si tende a considerare l’indagine dei giudici non come il normale effetto di un comportamento illegale, ma piuttosto come una sorta di evento atmosferico, come la pioggia, il vento o la neve, che può coinvolgere e lasciare malmessi. Il condannato non è necessariamente un delinquente, ma un poveraccio colpito da un malanno e pertanto da compatire. Si tende ad associare al reato ed alla conseguente pena, lo stesso rapporto di causa effetto che corre tra una stanza costruita abusivamente ed il terremoto che la abbatte.
Oggi la questione prende una dimensione perfino abnorme per certi versi, il Sindaco non contento di aver convocato ad hoc il consiglio comunale, si spinge perfino a tenere un comizio, quindi un passaggio senza contraddittorio, in pubblica piazza per spiegare alla cittadinanza le sue ragioni. Sarà molto interessante da seguire, specie nella parte in cui citerà, se lo vorrà, anche i suoi sodali condannati: un ex-vicesindaco, un assessore, un dirigente comunale e varia altra umanità legata alla cooperativa. Una sorta di legame trasversale che unisce amministrazione e parte dell’opposizione, tutti chiusi e legati allo stesso destino.
In uno stato un tantino normale tutto questo non sarebbe accaduto, compresa la pietra dello scandalo della ricandidatura di politici già da qualche anno sotto botta della Magistratura, personaggi che sono stati tutti puntualmente rieletti a vario titolo. Il Sindaco, ed in questo probabilmente si potrà fare portavoce a latere anche dei suoi colleghi, potrà perfino oggi affermare che esiste sì un tribunale che emette sentenze in nome del popolo italiano, ma ve ne è un altro ben più potente che si invoca sulle piazze.

Pubblicato il 27.12.08 h 18:58
Modificato il 24.10.09 h 21:07

Fantapolitica - Meno male che Francesco c’è Prova di collegamento ad un DB

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